Tempi santifica Bussetti e chiede meno compiti per i bambini in modo che possano guardare Salvini alla TV


Non sembra un caso che tutte le organizzazioni fondamentaliste abbiano iniziato ad infarcire i loro articoli con slogan di Matteo Salvini. Sostenendo che Bussetti sia un ministro assai gradito al fondamentalismo di stampo gandolfiniano e che pertanto non di debba ritenere criticabile il uso invitare gli insegnanti a non far studiare gli alunni, è ricorrendo alla loro classica retorica vittimistica che scrivono:

C’è qualcosa di stravagante nella scomunica del ministro Marco Bussetti e della sua circolare annunciata per «sensibilizzare il corpo docente e le scuole ad un momento di riposo degli studenti e delle famiglie affinché vengano diminuiti i compiti durante le vacanze natalizie».
Che ha detto il ministro? Una cosa di buonsenso. Può dirla? Certo che può dirla, è il ministro dell’Istruzione. [...] La cosa stravagante è che Bussetti non ha detto proprio nulla di stravagante: parlando a Un giorno da Pecora su Radio1 ha solo detto: «Penso a questi giorni di festività e ai ragazzi e alle famiglie che vogliono trascorrerle insieme». Facendo cosa, viene chiesto al ministro: «Leggere. Ma anche fare movimento, dedicarsi ai propri hobby e andare a vedere delle mostre». Mica il discorso di Allende al popolo, solo un’affermazione di buonsenso. O no? No.

Se ormai il termine «famiglia» è usato dal fondamentalismo organizzato come pretesto per qualunque cosa, è in difesa di un uso ideologico del termine che i fondamentalisti di Tempi scrivono:

Ma a scatenare i grand commis non è stata affatto la vicenda compiti: “Stucchevole retorica sulla famiglia” (titola Wired), «il ministro ha voluto far passare un concetto sulla famiglia di cui non sentivamo il bisogno. C’è già il ministro Fontana a fare la sua parte» (Angela Nava, presidente dell’associazione Genitori democratici). «Quanto all’appello alla famiglia, bisogna pure chiedersi che cosa significhi oggi famiglia, di che cosa esattamente parliamo, dal momento che la “naturale-tradizionale” è scomparsa da tempo», scrive ilfattoquodiano.it, centrando mirabilmente il problema. Che non sono i compiti, no. È l’uso impresentabile e molto progressivamente poco aggiornato della parola famiglia. E non solo.

Negando l'evidenza di chi osserva che un maggior tempo libero equivarrebbe a mettere il bambino davanti alla televisione e non certo favorire una ideologica visione della famiglia anni '60, il sito ciellino conclude:

E chi sarebbe il paternalista? A parte che in tema di apprendimento e compiti, il fatto che gli italiani ne facciano troppi senza diventare più competenti non lo dice Bussetti, ma l’Ocse, che incrociando dati sulle performance dei quindicenni di mezzo mondo a fronte di un sovraccarico di tempo dedicato allo studio a casa ha ripetutamente bocciato senza pietà il nostro paese («Studiare più ore non comporta necessariamente risultati di apprendimento migliori»). A parte che in quanto a tempo trascorso a scuola siamo uno dei paesi col maggior numero di ore scolastiche obbligatorie, nonché col maggior numero di giorni di lezione, nonostante abbiamo una delle pause estive più lunghe rispetto agli altri Stati Ue. A parte che prima di Bussetti, anche il ministro Valeria Fedeli a proposito dell’abolizione dei compiti a casa introdotta in Francia aveva dichiarato: «Credo che questo non sia più il tempo né della sola lezione frontale né dei singoli compiti a casa».
A parte tutto questo, non si parlava di compiti delle vacanze? No: «Ad ogni uscita di questo ministro, poi – ricordate quella sul presepe e ancora il crocifisso? – provoca un certo dolore e sconcerto. Dopo aver immolato gli immigrati sull’altare dell’accordo con la Lega, sembrano fare lo stesso, sia pure solo culturalmente, con gli studenti». Capito? Se non possiamo salvarli da Natale, presepi e crocifissi, ammazziamoli di compiti per non lasciarli in pasto a Salvini.

Insomma, tutto diventa una costante propaganda politica in cui ogni richiesta, ogni rivendicazione e ogni parola è studiata per santificare Msatteo Salvini, il polito che rappresenta i loro sogni più lascivi per un paese in cui nonc i sia spazio per la tolleranza o l'accoglienza.
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