Anita Bryant, la precorritrice di Gandolfini


Mettessimo una parrucca cotonata a Massimo Gandolfini, otterremmo Anita Bryant. L'unica differenza è che il fondamentalismo bresciano è arrivato con quarant'anni di ritardo nel scimmiottare le sue teorie sul fatto che l'odio anti-gay sarebbe sarebbe un modo per «difendere i propri figli».
Era l'11 febbraio 1977 quando Anita Bryant organizzò in Florida la prima conferenza di "Save Our Children", sostenendo di poter dimostrare che gli omosessuali stessero «cercando di reclutare i nostri figli per spingerli all'omosessualità». E se Gandolfini ha approfittato della legge sulle unioni civili per cercare visibilità politica attraverso una giustificazione all'omofobia, la Bryant fondò il suo movimento politico come risposta all'ordinanza provinciale che vietava la discriminazione in aree abitative, lavorative e alloggi pubblici basata sull'orientamento sessuale. La donna, in una costante similitudine con il fondamentalismo,  sosteneva che l'ordinanza fosse discriminatoria verso il suo «diritto» di insegnare ai suoi figli la morale biblica.

Save Our Children fu la prima opposizione organizzata al movimento per i diritti degli omosessuali, nato dopo le rivolte di Stonewall del 1969. Ed incredibilmente riuscì ad ottenere l'abrogazione dell'ordinanza e il «diritto» alla libera discriminazione.
Il suo successo incoraggiò i gruppi di altre città a tentare di rovesciare leggi simili, ottenendo l'abrogazione di norme anti-discriminazione nel Minnesota, in Kansas e in Oregon. Anche loro si appellarono a Dio e dissero che era nel suo nome che pretendevano discriminazioni sistematiche ai danni di interi gruppi sociali.
A Washington, Save Our Children tentò persino di far approvare la Proposition 6, una proposta di legge statale che avrebbe reso obbligatorio il licenziamento di dipendenti pubblici apertamente gay. Furono gli elettori a respingere la loro proposta in un referendum tenutosi nel 1978.
Gli storici hanno collegato il successo di Save Our Children con il loro sostenere che quella fosse espressione della partecipazione cristiana conservatrice nei processi politici, ottenendo un appoggio politico dell'estrema destra. Ma pare anche che a muovere i fili di Bryant fosse il reverendo Jerry Falwell, il fondatore di un gruppo integralista chiamato "Moral Majority" che si batteva contro l'omosessualità, contro la pornografia e contro il riconoscimento di pari diritti alle minoranze. Praticamente le stesse rivendicazioni oggi sostenute da quel WCF che Gandolfini porterà a Verona sotto il patrocinio della Lega di Matteo Salvini.
Il gruppo chiuse i battenti nel 1989, non senza aver tangibilmente danneggiato la vita di milioni di gay che vivevano in città in cui la comunità gay non era politicamente attiva.
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