Arrestata e deportata l'attivista trans sgradita alla Lega perché migrante. Le hanno negato persino l'avvocato


Mentre Matteo Salvini non pare minimamente intenzionato a sgomberare lo stabile che i suoi amichetti di Casa Pound stanno occupando illegalmente ed abusivamente da decenni senza manco pagare le bollette (tanto a saldatele ci penseranno quei fessi che pagano le tasse, evidentemente non ritenuti sufficientemente vessati dai 49 milioni di euro che la Lega di Salvini ha già illegalmente sottratto loro), la procura da lui coordinata ha visto come la sua massima priorità la convocazione, l'arresto e la deportazione in Perù dell'attivista transessuale Alessia P.M.
Solo pochi mesi fa, la donna era sul palco del Milano Pride a raccontare come fosse tre volte discriminata perché donna, migrante e trans. Aveva dato corpo e voce alle rivendicazioni di chi chiede che a tutti sia data la possibilità di vivere, desiderare, agire su questa terra secondo la propria natura. Oggi la sua voce è stata messa a tacere nel modo più brutale, ricorrendo a quella ideologia della ruspa che mira a radere al suolo tutto ciò che non risulta conforme all'ideologia sovranista e xenofoba della Lega.
V enerdì 28 dicembre Alessia è stata convocata presso il locale commissariato di polizia e, nonostante avesse già depositato un ricorso già depositato contro il diniego di permesso di soggiorno, è stata trasportata in questura, dove le è stato sequestrato il cellulare e le è stato impedito di poter comunicare con l'esterno. Alle sette del mattino del 29 dicembre, dopo una notte trascorsa in questura senza spiegazioni, le è stato detto che sarebbe stata condotta davanti ad un giudice per l'esecuzione del rimpatrio. le è stato impediuto di poter contattare l'avvocata che seguiva la sua richiesta di permesso di soggiorno e che aveva tutti i documenti per dimostrare che l'espulsione era e continua a essere irragionevole: è stata deportata così, senza avere il tempo di salutare le tante persone che le sono state amiche in questi suoi anni italiani, sistemare la sua casa e i suoi affetti, scegliere che cosa portare con sé.
È stata portata a Roma ammanettata, poi è stata messa a forza a bordo di un volo diretto a Sao Paulo, poi su un altro volo con destinazione Panama.
Il timore che un intervento così puntuale, impietoso e brutale le sia stato riservato perché attivista per i diritti umani è un'ipotesi che urla nel silenzio. Ma c'è anche il timore che da un ministro degli Interni come Matteo Slavini, difficilmente troveremo interesse per chi è vittima della sua folle ideologia volta a sostenere che i confini valgano più della vita umana.

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Photo credit: Andrea Mancuso.
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