Cascioli continua a frugare nelle mutande altrui. Ora sbraita che le atlete trans dovrebbero giocare in squadre maschili solo perché lui non le accetta
Probabilmente la sopportazione della propaganda di Riccardo Cascioli ci porterà alla santità, dato che è davvero insopportabile dover tollerare gli insulti e le offese che è solito defecare contro i gay su base pressoché quotidiana (con l'aggravante i come offensivo sia anche la manipolazione ideologica che è solito fare della religione, arrivando a spergiurare che sarebbe Dio a gradire l'odio omofobico, xenofobo e razzista che lui tanto loda e promuove).
L'ultima crociata della sua La Nuova Bussola Quotidiana è contro le persone trans che praticano sport, sgradite alla sua lobby in quanto non conformi alla sua ideologia basata sul sostenere che chi è diverso da lui debba essere ritenuto sbagliato a prescindere. Ed è così che sotto l'etichetta "gender follie sportive" troviamo un pessimo articolo intitolato "Ora in squadra gioca "lui" e le avversarie si scansano". Ovviamente non è un refuso: la lobby di Cascioli ama usare il genere sbagliato per definire le persone transessuali allo scopo dichiarato di sottolineare il loro ostentato disprezzano e per precisare che mai gli garantiranno il dovuto rispetto.
L'articolo esordisce affermando:
Lo sport è uno di quegli ambiti in cui risultano evidenti fino all’eccesso i cortocircuiti dell’ideologia gender, e quindi salta ancora di più agli occhi la tracotanza dei promotori dei «nuovi diritti». Vedi per esempio quanto è successo in Argentina, nella provincia di Buenos Aires, dove il 26 dicembre è stata definitivamente promulgata una legge (approvata il 23 novembre) che permetterà di fare attività sportiva, anche a livello professionistico, secondo «l’identità di genere autopercepita», dunque a prescindere dal sesso biologico.
In breve: se sei maschio potrai competere in gare femminili e viceversa. C’è chi lo chiama progresso.
In brave: il sito del fondamentalista Cascioli dice bugie. Se una penosa è transessuale, non è maschio. Lui dice il contrario? Lui sta dando falsa testimonianza e in un Paese civile sarebbe già stato convocato da un giudice per comprendere con quale diritto intende cercare di danneggiare la vita altrui solo perché guadagna soldi vendendo odio anticristiano contro il prossimo.
Ed è ancora più surreale come i fondamentalisti di Cascioli deridano l'autopercezione anche se poi pretendono di essere definiti «cristiani» sulla base della loro percezione che si scontra contro la realtà oggettiva di come non possa esserci nulla di cristiano in chi defeca simili articoli.
Ricorrendo agli slogan del loro veneratisssimo Matteo Salvini, l'articolo passa a sostenere che la discriminazione sarebbe giustificata dal «buonsenso»:
La nuova legge stabilisce che «ai fini della registrazione, iscrizione, partecipazione e competizione nel contesto delle attività sportive di una lega, federazione o confederazione nel territorio provinciale - sia essa di carattere dilettantistico o professionistico - si intenderà per genere quello che è autopercepito dalla persona sportiva». Pazienza se in tutto questo di sportivo non ci sia proprio nulla. Per mettere in atto una disposizione totalmente opposta al buonsenso serve però un adeguato apparato repressivo (che è innanzitutto culturale, di lavaggio del cervello, e solo poi si traduce in sanzioni) che elimini le forme di dissenso. E così la legge provinciale prevede che sarà «considerata discriminatoria qualsiasi azione od omissione che impedisca il libero sviluppo delle attività elencate in ragione del genere autopercepito».
Ed è dicendo che loro si sentono discriminato perché non possono discriminare che l'articolo passa a sostenere che il pregiudizio vada preservato e difeso dato a loro non frega nulla di distruggere intere vite pur di sostenere che l'eterosessualità sia una nuova forma di arianesimo:
L’Istituto dello Sport di Buenos Aires sanzionerà i club, le leghe, le associazioni e le federazioni che iscriveranno gli atleti secondo un «genere» differente da quello che gli stessi atleti autopercepiscono. Parafrasando Orwell, si potrebbe dire che le regole sono uguali per tutti ma per qualcuno sono più uguali… perché dove entra in gioco la propaganda dell’associazionismo Lgbt non c’è oggettività che tenga. Il dibattito legislativo è iniziato in effetti con il caso montato da “Saira” Millaqueo, un uomo che si sente donna, il quale ha fatto ricorso alla giustizia per poter giocare in una lega di hockey femminile e dopo diversi tentativi è riuscito a raggiungere il suo scopo. Secondo Susbielles, le analisi richieste dai regolamenti per rilevare il livello di testosterone di “Saira” erano solo scuse per impedire la realizzazione dei suoi “diritti”: il deputato sostiene cioè che la legge da lui proposta farà in modo di «contribuire allo sradicamento delle pratiche discriminatorie e violente della nostra società». Quanta neolingua.
Sempre preoccupandosi si parlare al maschile delle done transessuali, l'articolo prosegue la sua denigrazione delle atlete sgradite a Cascioli dicendo:
Altro caso esemplare in Argentina è quello di “Jessica” Millaman, un giocatore “transessuale” che è riuscito a partecipare a una lega di hockey femminile nella provincia del Chubut. Tra coloro che hanno avuto il coraggio di protestare contro questa imposizione contronatura c’è Patricia Navarro, giocatrice del Trelew Rugby Club, una polisportiva che conta pure una squadra di hockey su prato, la quale ha osservato, come riporta il Clarίn, che «questa non è una questione di discriminazione. Abbiamo paura di giocare in questo sport di contatto perché sebbene sia un transessuale la sua forza è quella di un uomo». Come dire che al di là dell’ideologia la natura umana non cambia. «Nell’ultima partita che abbiamo giocato con la Germinal, abbiamo perso 3-0 con tre gol di Jessica perché nessuna si avvicinava per marcarla», avendo appunto timore della forza d’urto di una persona che rimane biologicamente un uomo.
Casi come questo vanno diventando sempre più frequenti, anche al di fuori dell’Argentina, come ci ricorda la recente vittoria del canadese “Rachel” McKinnon, il primo uomo ad aver vinto il titolo iridato in una gara femminile di ciclismo su pista (precisamente nel Master che si è svolto quest’autunno a Los Angeles), bollando coloro che l’hanno criticato (tra cui la terza classificata, che aveva parlato di «risultato ingiusto») come «bigotti transfobi». Un pensiero, questo, avallato dalla cultura dominante che spaccia il calpestamento di ogni norma morale naturale per “libertà”. Le conseguenze si vedono e hanno il marchio della menzogna.
Poi questa gente dice di percepirsi come «cristiana» e si lamentano se ogni persona sana di mente non potrà che ridergli in faccia davanti a quella affermazione. E forse un qualche professionista della salute mentale potrebbe anche appassionarsi nell'osservare come questa gente pare incapace di vivere senza occuparsi ossessivamente di guardare cosa c'è dentro le mutande altrui.