"Comandano i terroni". Libero rispolvera il vecchio odio leghista contro i meridionali


«Senti che puzza, scappano i cani: stanno arrivano i napoletani». Erano queste le canzoncine che Matteo Salvini amava canticchiare tutto divertito ai suoi comizi. Poi si è accorto che gli sarebbe bastato indirizzare le sue invettive contro i migranti ed avrebbe potuto cercare voti anche tra i razzisti che sino al giorno precedente risultavano vittime dei suo razzismo. È in quel momento che il suo motto è cambiato da «prima il nord» a «prima gli italiani».
Peccato che il problema insito nella sua ideologia del «prima» è un qualcosa che va al di là del suo disprezzo verso il principio di pari dignità, è una bomba sociale che legittima la violenza di chi pretende privilegi sulla pelle altrui. Sino a quando non si arriverà ad avere l'indipendenza dei singoli pianerottoli, ci sarà sempre chi pretenderà di essere ritenuto più "ariano" degli altri per presunto diritto di nascita, in quella ruota che gira in cui prima o poi tutti finiranno nella lista nera di qualcun altro.
Immersa nel mondo reale, l'ideologia leghista è paragonabile a chi non attende che la gente scenda dalla metropolitana prima di salire: spinge e se ne frega degli altri perché la sua prepotenza potrebbe permettergli di rubare un posto a sedere ad una qualche anziana signora, tanto Salvini è lì a rassicurarlo sul fatto che faccia bene a pensare che si debba pensare prima a sé stessi e che gli altri vengano dopo.

Una riprova degli effetti di una costante contrapposizione ci giungono anche dal vergognoso titolo razzista con cui il quotidiano filo-salviniano Libero ha aperto la sua prima pagina di oggi. Rispolverando i vecchi odi del Carroccio, è ricorrendo a termini dispregiativi nei confronti dei meridionali che Vittorio Feltri ha titolato:


Nel sommario si aggiunge: «Ai meridionali tre cariche istituzionali su quattro. Mattarella capo dello Stato, Conte premier e Fico presidente della Camera sono del Sud. Ecco perché Salvini ha tutti contro».
La tesi, dunque, è che il suo Matteo Salvini sarebbe ostacolato dalla democrazia. E dato che ai leghisti serve sempre un nemico da odiare, ecco che Feltri gli ha offerto un pretesto per sostenere sia colpa dei «terroni» se il suo amatissimo "comandante" non farà ciò che ha promesso.
Se il preteso è il malcontento leghista per un Salvini a cui non viene data carta bianca al fine di garantire la sistematica violazione dei diritti umani degli stranieri, probabilmente non ci vorrà troppo prima il "nemico" sia accusato di essere il motivo per cui la Lega non terrà fede alle sue promesse elettorali (vi dice niente il leghista che diceva che avrebbe abolito le accise sulla benzina già durante il suo primo consiglio dei ministri e che poi ha votato contro quell'abolizione?).

Pericolosa è anche la declinazione assunta da una costante creazione di contrapposizioni sociali, con un Feltri che parla dei meridionali quasi li reputasse italiani di serie b esattamente così come amava etichettarli anche il Carroccio sino a pochi anni fa. Il tutto in una sguaiata ode a quel tale che va in giro a dire che lui non tollera alcuna discussione democratiche perché esige che ogni sua pretesa vanga ritenuta legge. D'altra parte lui non ha mai amato chi dissente e sono ormai anni che si vanta del suo voler ridurre al silenzio chiunque contesti i suoi slogan.
Già, perché se oggi Salvini appoggia l'assistenzialismo e ha introdotto il cosiddetto "reddito di cittadinanza", è nel 2012 che cercava voti dicendo che i meridionali fossero «parassiti» e accusandoli di «campare sulle spalle altrui», gettando le basi ideologiche per il titolo di Libero:


Non sembra un caso che oggi Salvini continui a usare il termine «zecca» quale insulto da dispensare contro i nuovi nemici che sono stati creati dal suo ufficio di propaganda (rigorosamente pagato con denaro pubblico).

Nell'articolo, dopo l'immancabile auto-assoluzione in cui l'autrice nega ci sarebbe razzismo nelle sue invettive contro i «terroni», parte la lista dei meridionali che lei sostiene siano d'ostacolo a Salvini, ossia tutti: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il presidente della Camera Roberto Fico, il vicepremier Luigi Di Maio ed i ministri Barbara Lezzi (sud), Alfonso Bonafede (giustizia), Sergio Costa (ambiente), Giulia Grillo (salute), Giulia Bongiorno (pubblica amministrazione), Paolo Savona (sffari europei). Il tutto arrivando ad asserire che «nel governo il connubio tra settentrionali e meridionali non è stato mai così spiccato, su 18 ministri ben 7 sono terroni e 3 di Roma».
Insomma, si abolisse lo stato e si affidasse ogni potere a Salvini, loro sarebbero felici perché così nessuno si potrebbe più opporre al suo volere e l'Italia diverrebbe un regime guidato da un tale che alle urne non è andato oltre al 17% dei voti.
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