Discriminazione a Roma, dentista caccia il paziente perché sieropositivo


Dopo la denuncia di un ragazzo romano che diceva si essere stato discriminato dal suo dentista perché sieropositivo, FanPage ha provato a visitare quello studio odontoiatrico con una telecamera nascosta. Presentatisi per un appuntamento, hanno compilato una scheda anagrafica in cui hanno indicato l'HIV tra le patologie note.
Letta la cartella, è senza manco garantire un minimo di privacy al paziente che in mezzo alla sala d'attesa il dentista ha incalzato: «Devo mandarla all'ospedale. Non posso fare niente senza analisi attuali della sua condizione... prova ad andare in ospedale, lì sono più attrezzati per i pazienti con Hiv». E dinnanzi alle rimostranze, il medico ha affermato: «Io sono privato quindi posso fare come voglio in questo senso».

In realtà non avrebbe potuto fare «come voglio» dato che la legge 135/90 a tutela delle persone con HIV/AIDS, è molto chiara, infatti, l’azione del medico è del tutto illegittima. Ed è per questo che Alessandro Cataldi, legale di Gay Help Line, ha spiegato che «stiamo agendo sia presentando un esposto all’ordine dei medici e degli odontoiatri, sia presentando un reclamo al garante della privacy che già si è occupato di questa materia. Il garante si è già espresso per un caso analogo di alcuni anni fa a Brescia, circa la possibilità per gli esercenti la professione sanitaria di raccogliere informazioni sullo stato sierologico attraverso lo strumento del questionario. Il Garante chiarisce che il questionario non può costituire una condizione indispensabile per l’accesso alle cure, potendo anche la persona rifiutare la compilazione e non dichiarare il proprio stato sierologico. Il principio è che uno studio odontoiatrico deve garantire sempre le stesse condizioni igenico-sanitarie nei confronti di tutti i pazienti e a prescindere dallo stato sierologico dichiarato o accertato, come del resto è previsto dalle linee guida del Ministero della Sanità.Il questionario inoltre non deve essere rilasciato in sala da attesa ma andrebbe compilato con il consenso informato del paziente, al quale il medico deve fornire ogni valida spiegazione circa l’importanza di venire a conoscenza di tale informazione. Tale dato infatti può essere richiesto dal medico curante non in un’ottica di prevenzione per attuare ulteriori misure preventive rispetto a quelle comunemente utilizzate negli altri casi, ma per assicurare che la cura proposta non entri in contrasto con la terapia antiretrovirale prevista per le persone in HIV».

«Purtroppo i casi di discriminazione dei pazienti HIV –ha aggiunto Fabrizio Marrazzo, responsabile Gay Help Line– non si limitano solo a dentisti e medici privati, ma avvengono anche in ambienti ospedalieri pubblici e privati, come altri due recenti casi. Una madre, recentemente, è stata informata in ospedale della sieropositivitá del figlio maggiorenne, senza il consenso dello stesso, con la conseguenza di gravi ripercusioni familiari per il ragazzo stesso. Un altro paziente, invece, in attesa di effettuare una colonscopia in un ospedale privato a Roma, una volta dichiarato di essere sieropositivo, viene spostato dal medico in fondo alla lista delle visite, cercando di tutelare erroneamente gli altri pazienti, e ricevendo anche minacce per non fare alcuna segnalazione. Questi casi mostrano quanto sia forte ancora oggi la discriminazione in ambiente sanitario per le persone in HIV. Pertanto chiediamo alla Ministra Grillo ed all’Ordine dei Medici, che oltre ad intervenire nei singoli casi, nominino delle commissioni di controllo, volte anche ad emanare circolari e corsi di formazione obbligatoria, specifici per chiarire il trattamento dei pazienti HIV+, al fine che venga abolita ogni discriminazione».

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