Il Giornale solidarizza con l'Arabia Saudita e loda il loro vietare l'ingresso negli stadi alle donne


La nazionale femminile italiano di calcio si è qualificata ai Mondiali, quella maschile no. Eppure, negando le evidenze che ci raccontano come gli sport non siano appannaggio di un determinato sesso, è ricorrendo ai peggiori stereotipi di genere che Il Giornale se n'è uscito con un articolo di raro sessimo dal titolo "Alle signore va concesso tutto ma lascino il calcio a noi maschi".
Tal Luca Beatrice pare voler prendere le difese dell'Arabia Saudita e lodare le loro politiche che vietano l'ingresso negli stadi alle donne, difendendo a spada tratta la decisione di far disputare la supercoppa italiana in un Paese in cui le donne non hanno diritti. Scrive:

Di un gioco, va detto, storicamente appannaggio di noi maschi, che almeno nella famosa «partita di pallone» potevamo trovare un mondo senza donne in cui bestemmiare, incazzarci, gioire con cameratesca partecipazione, uno spazio che solo gli uomini sanno utilizzare con quella follia e quell'ossessione che alle donne, a quasi tutte le donne, è sconosciuta.
Noi maschi siamo tagliati con l'accetta. Ci sono cose da donne (il corso di danza, l'attenzione psicologica, l'alimentazione alternativa, gli agriturismi) e cose da uomini (il metal, le moto, birra e würstel e appunto il calcio). Nel pallone loro guardano i belli, da Cabrini a Beckham, oggi CR7, e già questo ci infastidisce. Per carità, niente sessismo, ma lo stadio come universo di soli uomini è qualcosa di radicato nella mente malata di noi tifosi, che peraltro non smaniamo per partecipare alle sfilate di moda o a un corso di pilates.

Insomma, lui si dice certo che le passioni e le inclinazioni personali non avrebbero valore dinnanzi agli stereotipi di genere promossi dai vari Gandolfini e Savarese, inesorabilmente volti a sostenere che ai nostri figli debbano essere imposti precisi duoli sociali sulla base del loro genere indipendentemente dalle loro aspirazioni. E naturalmente non manca neppure la solita auto-assoluzione dalle accuse di sessismo, tipica di chi sta per pronunciare parole di inumana violenza contro le donne. È la stessa dialettica con cui l'omofobo Adinolfi nega la sua omofobia ogni qualvolta stia per lanciare in una cieca promozione dell'odio contro i gay.
A condire il tutto c'è poi l'ipocrisia di un quotidiano che si dice «cattolico» solo quando c'è da imporre presepi e crocefissi agli stranieri o quando si usa la religione contro i diritti delle minoranze, ma poi racconta che la loro massima aspirazione è quella di ottenere stadi vietati alle donne dato che il loro articolista vuole sbraitare bestemmie contro Dio e contro la Madonna mentre guada venti ragazzi in pantaloncini corsi che corrono dietro ad una palla.
Ma forse, come prassi della dialettica populista, il signor Luca Beatrice è convinto che nessuno possa pensarla diversamente da lui dato che lui si reputa la massima espressione del nuovo arianesimo. Ed è così che lui si crede espressione di tutti i «maschi» del mondo e pensa che ogni sua idea, perversione o perversione debba essere ritenuta una verità indiscutibili e condivisa che debba essere imposta con la forza anche a chi (fortunaìtamente) la pensa diversamente da lui.
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