Migranti. Di Maio: «Separiamo le loro famiglie». Salvini: «Si fa quello che dico io»


Dividere le famiglie e strappare i bambini dai loro papà. È questa l'inumana proposta con cui Luigi Di Maio dice di voler dare «una lezione di civiltà all'Europa e a Malta».
Il vicepremier ha dichiarato di apprezzare le politiche razziste della Lega e dice che il suo governo sarebbe del tutto incapace di farsi carico di 49 naufraghi che le ong hanno salvato dalla morte mentre lui e Di battista si concedeva costosissime settimane bianche a spese dei contribuenti.
I dati ci raccontano che il Pd abbia eseguito più rimpatri di quanti mai ne abbia fatti Salvini, ma la propaganda populista si basa sul creare circhi mediatici contro ogni singola vita possa essere sfruttata per cercare voti attraverso il razzismo. Ed è così che 49 persone possono diventare un caso che tiene bianco sui giornali per settimane, con un vicepremier che non sembra accorgersi di quanta disumanità ci sia nel suo proporre di prendere donne e bambini mentre i loro padri e i loro mariti saranno tenuti lontani da loro in quanto sgraditi ad una parte dell'elettorato.
Intanto Matteo Salvini pubblica tweet in cui racconta che seicentomila persone migranti sarebbero «quasi un milione» e che lui esige siano immolati sull'altare della sua convenienza politica. Ripetendo a pappagallo i suoi squallidi slogan volti a sostenere che aiutare i migranti significherebbe aiutare gli scafisti, dichiara ossessivamente che lui ha deciso che i porti dovessero essere chiusi ai bisognosi e che il governo deve tacere perché in Italia si fa quello che ha deciso lui.
A poco è servito anche l'appello dei vescovi, contestati da un Salvini che va in giro a dire che la fede di manifesta imponendo presepi agli stranieri e non certo dando ascolto a quel buonista di Gesù Cristo. Ed è così che prosegue la sua crociata per incattivire l'Italia e per tentare di far sì che l'opinione pubblica si abitui ed accetti ogni più perversa e violenta sopraffazione compiuta sulla pelle più deboli a beneficio del suo tornaconto personale.
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