Diaco è certo che le contestazioni violino la «libertà di parola» di chi vuole imporre la sua ideologia?


Pierluigi Diaco non è altro che l'ennesimo esponente dell'élite politica di destra che giustifica i discorsi d'odio dietro al ritornello della presunta «libertà di parola dei relatori». Se le cose stessero davvero come lui sostiene, un gruppo di pedofili intenzionati a chiedere la depenalizzazione della violenza sui minori avrebbe ogni diritto di pretendere che il ministro leghista Fontana conceda anche a loro un patrocinio della Presidenza del Consiglio.
Nel momento stesso in cui un governo stabilisce che certe forme d'odio vadano bene e che altre debbano essere vietate, quel governo sta esprimendo una volontà politica che deve poter essere contestata dai cittadini. Incoraggiare l'odio come forma di presunta «libertà di opinione» mentre si reprime il dissenso ha la puzza di una dittatura. E non va meglio con quel Toni Brandi che oggi difende le pretese sessiste ed omofobe della sua organizzazione raccontando che la sua richiesta di leggi che impongano il suo volere sia un esercizio della sua presunta «libertà di espressione». Il tutto dopo che la sua lobby ha sporto decine di denunce intimidatorie contro chiunque osasse pensarla diversamente da lui, tra querele aglo insegnanti che hanno suggerito letture a lui sgradite e plausi al sindaco che propone il rogo dei libri che contrastano il suo pensiero unico.
Lui non chiede di essere lasciato libero di poter sposare chi vuole, lui pretende che lo si vieti agli altri. Lui non chiede di poter scegliere del suo fine vita, lui pretende che agli altri siano imposte le sue scelte. Questa non è libertà di opinione, questo pare un nuovo nazismo.
Se Diaco sarà forse fiero di aver ricevuto il plauso di chi li etichetta come «un sodomita contronatura» che si «comporta da omosessuale» perché «affetto da una dipendenza» che gli impedirebbe di capire che l'eterosessualità sarebbe l'unico modo «naturale» di essere dato che la sua amichetta Della Valle ama andare dai genitori dei bambini gay a dire che i loro figli sarebbero «un abominio» agli occhi di Gandolfini, forse dovrebbe prendere in considerazione di farsi "curare". E non certo dell'omosessualità come i suoi amichetti del WCF sostengono possa essere fatto per intercessione del leghista Pillon, il fiero relatore che è indagato per diffamazione contro i corsi scolastici che vorrebbe fossero vietati per impedire ogni contrasto al bullismo omofobico.
Che si dia corda a quei vittimisti di professione che piagnulano che si sentirebbero discriminati perché non possono discriminare è in insulto all'intelligenza. E se poi quella è la stessa gente che difende i pasticceri statunitensi che rifiutano torte nunziali ai gay o che pretendono che i medici siano lasciati liberi di poter mentire sulle diagnosi prenatali in modo impedire una libera scelta ai genitori, siamo alla barzelletta che non fa ridere...
1 commento