Le origini ideologiche del World Congress of Families e dei cosiddetti movimenti "profamily"


Ancora una volta è il prezioso lavoro di Playing the gender card a ricostruire le origini ideologiche del World Congress of Families di Verona, ossia della manifestazione integralista organizzata da Toni Brandi, Jacopo Coghe, Massimo Gandolfini e Simone Pillon a cui parteciperanno tre ministri leghisti e che sarà patrocinata da un ministero leghista, da regione, comune e provincia. Ripercorrendo gli anni tra il 1988 e il 1995, l'inchiesta svela quanto sia accaduto nel periodo precedente al viaggio di Allan C. Carlson a Mosca, ossia il momento in cui fu immaginato il primo World Congress of Families.

Lo storico statunitense Allan C. Carlson fu il presidente del think tank ultraconservatore Rockford Institute, dal quale vennero creati il Center on Religion and Society (1984), diretto dal reverendo John Richard Neuhaus, e il Center on the Family in America (1986), diretto dallo stesso Carlson. Nel 1988 venne nominato membro della National Commission on Children dall'allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan. Ed è in quell'anno che fu pubblicato il libro "Family Questions: Reflections on the American Social Crisis" in cui teorizzava che «uno degli scopi principali dell’esistenza umana – forse lo scopo principale – sia la riproduzione della specie. Questa convinzione deriva dagli studi della legge naturale e dalla sociologia, dalla psicologia, dall'antropologia, dalla genetica e dalla biologia. La famiglia serve da origine, protezione e incubazione di bambini». Sostenne che «la famiglia formata da un uomo, una donna e i loro figli è un’istituzione che preesiste a ogni nazione o stato» e che «i governi o lo stato hanno un’infinita capacità di far male a o distruggere la famiglia e un’abilità molto limitata per aiutarla». Da qui il suo sostenere che «l’economia pre-capitalista e prevalentemente agraria forniva un terreno più naturale per l’unità famigliare, dove le questioni dei ruoli di genere e il valore dei bambini non erano affatto un problema».
Ed ancora, teorizzò che «una società libera che si fonda sui principi di libertà favorisce facilmente la vita familiare soltanto finché la famiglia viene vista come depositaria di specifici diritti e doveri. Quando le mogli e i figli ottengono nuovi diritti indipendenti da quelli dei loro mariti o padri e quando lo stato si prende la responsabilità della protezione di quei diritti, l’autonomia della famiglia ne soffre necessariamente e lo stato cresce».
Chiunque conosca la retorica integralista, non faticherà a ricondurre i loro slogan a quelle teorie. Peccato che Carlson sostenesse anche «nulla è cattivo nella famiglia» e persino gli abusi commessi sui figli «sono per la maggior parte un’invenzione giornalistica e dell’ideologia dei child savers». Sosteneva che violenza domestica crescesse con il decadimento moderno del potere maschile e paterno, con l’affermazione dei movimenti femministi e a causa dell’accesso all'interruzione volontaria di gravidanza. Più o meno quanto sostengono i manifesti che Savarese e Pillon sono soliti stampare contro le donne. Ed è più o meno come i due integralisti che Carlson asseriva pure che fosse fondamentale che le donne si sposassero, diventassero  madri e si occupassero dei figli a tempo pieno, senza pretendere la parità di diritti, un lavoro o riconocimenti sociali uguali a quelli degli uomini.
Carlson riteneva anche che sarebbe stato fondamentale riconoscere le differenze e la complementarietà dei (due) sessi, inscritte teoricamente nei corpi, e contrastare la “mistificazione dell’androginia” apparentemente propugnata dalle femministe. Testuali parole di cui ancor oggi si riempiono la bocca i fondamentalisti legali alla lobby di Gandolfini.

Arrabbiato verso un'Onu che iniziava a preferire la parola “genere” al posto di “sesso” nei lavori preparatori per la Conferenza mondiale sulle donne di Pechino del 1995, Carlson iniziò a spostare la sua attenzione sulle politiche internazionali: «La virata delle élites americane e del governo statunitense in questa direzione anti-natalista e anti-famiglia cominciò negli anni ’60 e culminò negli ultimi anni ’70. Ora tocca al “governo internazionale” virare verso la rivoluzione sociale sotto le spoglie della stessa ridefinizione subdola della famiglia», dichiarò. Il suo parlare di "ridefinizione" mirava ad accusare chi teorizzava la parità tra uomo e donna, raccontando che gli organismi internazionali volevano smantellare la famiglia “tradizionale” che lui teorizzava si basasse sull'unione eterosessuale tra un uomo autoritario e di una donna che si sarebbe dovuta occupare di fare figli e di svolgere i lavori domestici.
Carlson sosteneva che la famiglia fosse immutabile e che non dovesse conoscere declinazioni nel tempo o nello spazio: «È semplicemente falso sostenere che non vi sia una definizione relativamente fissa di “famiglia”. Le testimonianze umane, se affrontate con onestà, mostrano che la famiglia è una comunità naturale, universale e insostituibile, radicata nella natura umana. La “famiglia” in tutte le epoche e in tutti gli angoli del globo può essere definita come un uomo e una donna legati insieme attraverso un patto matrimoniale socialmente approvato col fine di regolare la sessualità, di generare, allevare e proteggere figli, di fornire reciproche assistenza e protezione, di creare una piccola economia domestica e di mantenere una continuità tra le generazioni: quelli che c’erano prima e quelli che verranno dopo. È a partire dalle relazioni della famiglia, reciproche e ricreate naturalmente, che comunità più estese crescono, come le tribù, i villaggi, i popoli e le nazioni», diceva.
E fu sempre Carlson ad introdurre l'abitudine integralista a definire “naturale” un modello di famiglia etero-patriarcale in nome della cultura religiosa giudaico-cristiana.

Come Carlson, altri esponenti della destra religiosa statunitense e attivisti antiabortisti iniziarono a guardare alle arene politiche internazionali, costruendo ed evolvendo un rinnovato impegno anti-femminista e anti-lgbt su scala globale. Fondarono numerose Ong (spesso supportate dal Vaticano) allo scopo di contrastare i diritti sessuali, i diritti riproduttivi, l’autodeterminazione, la non discriminazione, la tutela di persone e gruppi socialmente oppressi sulla base dell’orientamento sessuale, l’identità di genere e le caratteristiche del sesso.
La giornalista Dale O’Leary, per conto della rivista Catholic World Report, sfruttò alcune parole di Giovanni Paolo II per distribuire alle delegate che parteciparono alla conferenza sulle donne del 1995 un libricino intitolato "Gender: The Deconstruction of Women" in cui si allertavano i governi sui «pericoli» di quello lei chiamava il “femminismo del genere” che avrebbe portato all'interruzione di gravidanza, all’uso dei contraccettivi, ai diritti riproduttivi, al riconoscimento di relazioni non fondate sul matrimonio tra persone di sesso diverso e alla messa in discussione dei ruoli di genere.
All’inizio del suo "The Gender Agenda" (edito 1997), la O’Leary ricorrerò alle teorie di Carlson per definire l’ideologia di base dell’attivismo cosiddetto "profamily". E scrisse:

Le femministe etichettano i loro oppositori come “fondamentalisti”, “la destra religiosa” o “estremisti di destra”, sottintendendo che abbiano un punto di vista religioso limitato, estremista e settario che non trova spazio nell’arena pubblica. Gli oppositori dell’Agenda del Genere non sono, invece, uniti dall’aderenza a una specifica religione, ma piuttosto da un impegno nei confronti della famiglia e da una fede nella natura umana. Pensano sé stessi come profamily. Le femministe insistono sul fatto che anche loro supportano la famiglia, ma ridefiniscono la famiglia in modo tale che il termine possa riferirsi a due coinquilini e il loro cane. Diversamente, molti attivisti profamily supporterebbero la […] definizione della famiglia [data da Carlson].

Il volume si concludeva invitando combattere la «guerra culturale» in corso al fine di «comunicare la verità sulla persona umana».
Con l'elezione di Clinton del 1996, i fondamentalisti videro compromesso il loro potere e teorizzarono una  calcolata ristrutturazione del movimento omofobo "Save Our Children" nato negli anni Settanta. Si inizierà così a pensare ad un evento internazionale rivolto ai gruppi e alle persone che intendono la famiglia come nucleo etero-patriarcale.

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