Quando Adinolfi difendeva il clero australiano dalle accuse di pedofilia


Sembra ieri quando Adinolfi difendeva il clero australiano dagli scandali che emergevano in tutto il paese. Era il 2017.
Appare interessante notare come avesse minimizzato su Facebook comportamenti come quello della terza carica della Chiesa cattolica, il cardinale George Pell, e quel che il suo avvocato nella richiesta della libertà vigilata ha definito "vanilla sex" in relazione a una "semplice penetrazione in cui il bambino non partecipava" nei confronti di un 13enne. Diceva Adinolfi:

A scuola mi capitò di prendere qualche schiaffo. Li prese pure mia sorella. Per otto anni sono stato formato in una scuola cattolica tra il 1982 e il 1990. Era una scuola molto dura e nei decenni precedenti lo era stata ancora di più. La formazione che garantiva era di assoluta eccellenza, ma si doveva studiare come matti e i prof erano severissimi. Tre sezioni di medie diventavano una sola sezione di liceo, dove partimmo in 36 nel 1986 e arrivammo all’esame di maturità in 16, 7 dei quali si diplomarono con il massimo dei voti. Qualcuno potrebbe ricordare quegli anni come “un inferno’ e sono certo che un magistrato solerte del 2017 troverebbe centinaia di ragazzi “vittime di violenze” tra quelli passati in mezzo secolo nella mia scuola. A Ratisbona hanno fatto questo gioco. Gioco sporco e anche un po vile, per macchiare la Chiesa e indirettamente Papa Benedetto XVI. Devono vergognarsi.

E sebbene non stimi una persona come Meluzzi che ha più volte sostenuto controverse bufale per portare avanti le sue istanze mi tocca condividere la posizione che espresse a un dibattito contro Adinolfi, asserendo che «il negazionismo sulla pedofilia è pericoloso come quello sul nazismo» mentre Adinolfi replicava che la «Chiesa è enorme» e che «1200 denunce per pedofilia non sono tante». Inutile era tentare di spiegargli che il più grande problema è l'omertà e la complicità delle alte cariche.
Purtroppo questo è un atteggiamento che è emerso in questi giorni anche da parte dei conservatori australiani (stiamo parlando di politici, ex ministri e giornalisti e non gente qualsiasi) che se un tizio qualunque della religione sbagliata veniva anche solo accusato di un reato tutte le più alte cariche di quella religione avrebbero dovuto dissociarsi da lui immediatamente mentre quando un cardinale e numero tre della loro religione viene condannato beh, allora no, è un complotto e la stima a lui riservata rimane comunque ferrea e intaccata.

Marco S.

PS ovviamente non voglio cadere nel giustizialismo ma bisognerebbe anche credere alle vittime e non dilettarsi in un becero tifo politico dove se uno della parte avversa è accusato allora è colpevole a priori e se viene condannato uno della tua parte politica c'è un complotto sotto (emblematico come i conservatori, Adinolfi incluso, hanno accolto, in Italia, la condanna definitiva di Roberto Formigoni per corruzione).
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