Il senatore leghista Simone Pillon si auto-incita dopo la condanna. Poi ammette che il suo staff è pagato per incensarlo con falsi profili


Forse l'ufficio di propaganda che Salvini si fa pagare dagli italiani non gli aveva spiegato che doveva attivare i troll russi o forse era convinto di star usando un profilo falso creato per ingannare i suoi proseliti. Fatto sta che il sentore leghista Simone Pillon si è fatto da solo i complimenti a seguito del post in cui si vantava di essere stato condannato per diffamazione a seguito delle bugie e delle colpevoli omissioni con cui raccontò ad alcuni suoi discepoli che l'educazione al rispetto nelle scuole fosse un modo usato day gay per «adescare i bambini»:


Ovviamente il leghista nega che la sua condanna derivi dalle insinuazioni false di cui gli è stato chiesto conto, preferendo raccontare la favoletta del povero integralista che sarebbe stato condannato perché «difendeva» la discriminazione contro le minoranze a nome del suo sostenere che lo stato debba riconoscere supremazia al suoi coiti oltre che al suo colore della pelle o alla sua presunta fede religiosa.
E dato che quell'errore non è passato inosservato, il leghista neocatecumenale ha incanalato la sua frustrazione nei soliti sfottò che ama dispensare contro i gay, scrivendo con evidente rabbia: «Forza Simo! E questa volta, car* amic*, non l’hanno scritto i ragazzi dello staff dimenticando di cambiare account, e nemmeno una delle mie 76 diverse identità di genere, me lo sono proprio scritto da solo: volevate l’autodeterminazione no!? Ora torno a difendere la libertà educativa di mamma e papà. Sciocchezze come genitore 1 e 2, bestialità disumane come l’utero in affitto, le lascio volentieri a voi, amici del progresso. Un saluto dal vostro Senatore medievale preferito».

Se pare patetico che il leghista si vanti di essere medioevale, di volere donne sottomesse, di odiare i bambini e di pretendere soldi pubblici elargiti come premio per i suoi coiti vaginali (che ci tiene  a farci sapere avvengano tutti attraverso rapporti canali bareback), si inizia a capire perché Pillon abbia bisogno di pagare qualcuno per ottenere commenti di lode.
Poi, ricorrendo alla consueta auto-martirizzazione che tanto piace ai fondamentalisti, che il diffamatore si dice vittima di chi non lo lascia raccontare bugie in santa pace, scrivendo: «Continueremo a difendere la libertà educativa delle famiglie e la libertà dei nostri figli di non subire l’indottrinamento gender, costi quel che costi. Come dice l’amico Massimo Gandolfini, chiameremo sempre i fatti con il loro vero nome, senza mai piegarci alla dittatura del politcamente corretto».
Gandolfini si è subito affrettato a sottolineare che il plurale usato dal leghista si riferiva alla sua lobby e non a quei cittadini che vengono costretti a pagargli lo stipendio anche se lui opera per conto di altri, motivo per cui si è affrettato a dichiarare: «Da molti anni Pillon è oggetto di attacchi denigratori con lo scopo di indebolire una voce pubblica che ha sempre avuto il coraggio di chiamare i fatti con il loro vero nome, senza mai piegarsi alla dittatura del politicamente corretto che tenta di nascondere la verità. Questa azione di onestà e di chiarezza ha il valore di grande merito culturale, sociale e politico che abbiamo sempre condiviso e che continueremo a condividere con Simone Pillon, assicurandogli sin da ora la nostra operosa vicinaza. Insieme a milioni di concittadini che difendono i valori non negoziabili della vita, della famiglia, della libertà educativa, riaffermiamo il nostro proposito di non arrenderci alla deriva culturale della dittatura del relativismo che sta inquinando la nostra società».
Come prassi, è con una didattica che pare provenire direttamente da Satana che il fondamentalista neocatecumenale tenta di tramutare i carnefici in vittime, spacciando la diffamazione per un «politicamente scorretto» che lui dice sia dovuta a chiunque voglia fare del male ai bambini in suo nome.
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