La lettera aperta di Arcigay Rimini al consigliere regionale Paruolo su omofobia e donazione di maternità


Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta che Marco Tonti, presidente di Arcigay Rimini “Alan Turing”, ha scritto al consigliere regionale Paruolo per parlare di omofobia e donazione di maternità:

Gentile consigliere Paruolo,
ho letto con interesse la sua recente intervista a Repubblica riguardo la legge di contrasto all’omo-transfobia e la maternità surrogata, o come la chiamava il compianto Umberto Veronesi “donazione di maternità”.
Sono il presidente di una delle associazioni che sostengono l’approvazione della legge regionale contro l’omo-transfobia, e la sosteniamo perché ogni giorno vediamo gli effetti devastanti che questa ha soprattutto sui e sulle giovani che si rivolgono a noi. Accogliendo il suo invito al dialogo vorrei porle alcune questioni sul merito e sul metodo della sua proposta.
Lei e altri 8 tra consiglieri e consigliere avete messo come condizione per votare la legge sull’omo-transfobia l’inserimento di un codicillo che condanni la surrogazione di maternità andando a modificare la legge 6/2014 sulla parità di genere. È questo un tema delicatissimo e giustamente molto dibattuto, e giova ricordare che al momento in Italia questa pratica è già vietata, diversamente dall’omo-transfobia che è invece totalmente impunita, incontrastata, dilagante e talvolta incoraggiata da certa politica. Con quel codicillo qualsiasi espressione che non sia di totale condanna della donazione di maternità verrebbe punita non solo impedendo la partecipazione ai bandi, ma perfino esigendo la restituzione dei fondi già assegnati.
Le porto un esempio concreto: alcuni mesi fa una coppia di papà ha chiesto la trascrizione dell’atto di nascita, legalissimo, del loro figlio nato negli Stati Uniti tramite surrogazione. La sindaca del paesino in provincia di Rimini cui si erano rivolti non solo ha negato la trascrizione (vantandosene giuliva in una conferenza stampa insieme al lugubre Pillon) ma ha perfino annunciato la presentazione di un esposto contro la coppia, un’autentica cattiveria. Io ho fatto il mio preciso dovere e ho pubblicamente stigmatizzato questo comportamento, cosa che rifarei in ogni momento. La mia associazione si vedrebbe quindi costretta alla restituzione di fondi regionali già spesi, affrontando il tracollo finanziario e infine la chiusura. Il suo emendamento perciò spezza le gambe a quelle realtà che lottano contro l’omo-transfobia e che dovrebbero essere invece sostenute, ci renderebbe bersaglio di infamie cui non potremmo replicare. Non c’è da sorprendersi che il suo codicillo abbia trovato l’entusiastica sottoscrizione e il plauso della destra al gran completo: non per la condanna alla surrogata ma perché compromette la rete anti-omofobia regionale.
Peraltro sul tema della maternità surrogata si è recentemente pronunciata la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, stabilendo che i diritti di bambini e bambine debbano essere prevalenti rispetto a qualsiasi divieto della surrogazione di maternità. Si rende conto quindi che nemmeno la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo avrebbe i requisiti per accedere ai bandi regionali? Se non li ha la CEDU (né ipoteticamente l’ex-ministro Veronesi) come possiamo pensare di averli noi?
Come lei stesso ha dichiarato, la maternità surrogata è praticata principalmente da coppie eterosessuali, ben oltre il 90% di chi vi fa ricorso. Qual è la quindi logica che la spinge a voler inserire a ogni costo quel codicillo in una legge che riguarda noi persone LGBT – quindi singole persone e non coppie – visto che su questo tema, per sua stessa ammissione, siamo coinvolti solo in maniera marginale?
Comprendo anche se non condivido la sua posizione sulla donazione di maternità, ma lei giustamente porta avanti le sue battaglie. La cosa che vorrei mi spiegasse è perché pone la questione con un aut-aut solo oggi che si parla di omo-transfobia e non ha invece intrapreso dal momento del suo insediamento, avendo avuto cinque anni di tempo, un percorso di modifica della legge 6/2014? Perché non lo intraprende oggi magari con una modalità partecipata e condivisa con le dirette interessate, cioè le donne, come vuole il corretto modo democratico su questi grandi temi – specialmente come esponente di un partito che il “Democratico” ce l’ha nel nome?
Tutti i punti che le ho posto sono strettamente di merito e di metodo, a difesa di una legge che permetta realmente di combattere quel fenomeno disumano, quotidiano e capillare che si chiama omo-transfobia. La condizione che lei pone ottiene invece l’effetto di rendere la lotta alle discriminazioni più difficile di quanto già non sia, non aggiungendo invece nulla al contrasto alla surrogazione di maternità già vietata in Italia. Oltre che appellarmi alla sua ragionevolezza le chiedo, da cittadino e da omosessuale, se è pronto a prendersi questa grave responsabilità. E se è pronto a prendersela la invito a un incontro pubblico per confrontarci su questo argomento, finché è ancora possibile farlo senza rischiare sanzioni.

Cordialmente
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