La Corte Suprema del Kenia: «Punire i gay non è discriminazione, è un valore cristiano»


Esattamente come il senatore leghista Simone Pillon ama andare in giro a dire che le le discriminazioni contro i gay sarebbero legittime in virtù di come lui tema che possano godere dei suoi stessi diritti, la Corte Suprema del Kenia si è rifiutata di depenalizzare l'omosessualità sostenendo che tale discriminazione sarebbe giustificata dal timore che i gay possano arrivare a potersi sposare. E ciò non deve poter eccedere, perché i fondamentalisti religiosi non vogliono.
Tra il il 2013 e il 2017, sono ben 534 le persone che sono state arrestate e punite per quelli che loro sostengono sarebbero «comportamenti innaturali». L'omosessualità viene punita con pene detentive sino a 14 anni di carcere.
Se la nuova costituzione del Kenia dovrebbe garantire l'uguaglianza, la dignità e la privacy per tutti i cittadini, l'Alta Corte se n'è uscita sostenendo che la depenalizzazione dell'omosessualità avrebbe potuto aprire la strada ai matrimoni tra persone dello stesso sesso e, dato che non non permessi dalla Costituzione, ciò renderebbe costituzionale la discriminazione. O meglio, secondo la giudice Roselyne Aburili, il carcere per i gay non deve essere ritenuta una discriminazione ma un valore per il Paese.
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