Silvana De Mari: «La psicoterapia può correggere l'omosessualità. Le donne devono far sesso per procreare, non per provare piacere»


Quello dei gay «non è un problema genetico, bensì un comportamento appreso da correggere con una buona psicoterapia che li riporterebbe al dato di realtà di quello che sono e non di quello che sentono, portandoli così ad accettarsi davvero». È quanto sostento da Silvana De Mari durante la consegna del premio "Viva Maria" da parte dell'associazione Amici del Timone di Staggia Senese.
Asserendo che la loro Silvana De Mari sarebbe «vittima di persecuzioni» perché la scienza contesta la sua teoria dell'omosessualità come di un «comportamento appreso» che può essere «corretto», l'associazione integralista si lancia nel sostenere che la loro beniamina abbia provato "scientificamente" che l'omosessualità sarebbe innaturale:

Nel suo intervento ci ha spiegato con la sua solita chiarezza, senza tanti giri di parole, alcune evidenze cui si è trovata di fronte nella sua esperienza di medico e grazie alle quali anche il suo approccio alla verità è cambiato.
Il nostro cervello che tutto controlla è plastico, quindi alcune aree possono venire modificate da ciò che apprendiamo o anche dai nostri comportamenti. Un dolore che percepiamo ad esempio, aumenta se abbiamo paura, mentre diminuisce se proviamo collera. Il dolore talvolta può arrivare fino ad essere percepito come piacere. Le persone bulimiche, ad esempio, arrivano a questa inversione: l'abitudine a procurarsi il vomito crea in loro una dipendenza, che a sua volta porta a trarre piacere da un atto normalmente considerato doloroso o almeno fastidioso.
La De Mari ha fatto poi un altro esempio spiegando che il retto, cioè la parte finale dell'intestino, è un pezzo del sistema nervoso centrale creato affinché le feci che vengono dall'alto siano espulse fuori. La fisiologia stessa lo testimonia: infatti lo sfintere si apre dall'alto verso il basso, dall'interno verso l'esterno e non viceversa. Tutto ciò che viene inserito dall'esterno crea dolore e in alcuni casi dei seri danni. Il pene, che viene inserito nell'ano durante l'atto omosessuale, oltre a provocare dolore può causare lesioni fino ad arrivare anche a incontinenze fecali visto che si tratta di introdurre una circonferenza di diversi centimetri in una che può allargarsi fino a un massimo di due. Senza parlare della facilità con la quale possono insorgere le infezioni e le malattie sessualmente trasmissibili visto che sempre durante l'atto sodomita avvengono lesioni, le feci sono grandi portatrici di batteri e vista anche la forte assorbenza dell'intestino (è per questo che funzionano le supposte).
La deduzione logica è che l'atto omosessuale sia innaturale e motivato soltanto dalla volontà di tramutare ciò che crea dolore in piacere.

Se è gravissimo che queste besti alate vengano vomitate dopo aver sostenuto che la signora sarebbe «un medico», surreale è come si voglia sostenere che la sodomia sarebbe un «atto omosessuale» anche se praticata da molte donne eterosessuali e non da tutti i gay. Evidentemente il lor obiettivo era quello di attaccare un preciso gruppo sociale e non di parlare di temi reali, tant'è che ben preso di arriva a raccontare assurde teorie che tentano di patologizzare l'omosessualità:

La De Mari ha continuato chiedendosi come mai una pratica che provoca danni e un dolore percepito come piacere sia stata normalizzata in psichiatria. Ha spiegato poi come mai un uomo desidera che un altro uomo lo possegga: egli ha avuto una crisi d'identità dovuta in molti casi ad una difficoltà nel rapporto con il padre che lo ha reso estremamente fragile e che lo porta a ricercare nel suo stesso sesso un'affettività che però non può trovare, ed è per questo che gli omosessuali si ritrovano a cambiare spesso partner potendo arrivare anche a trecento all'anno.

Non è andata meglio meglio quando gli integralisti iniziano a lodare Silvana De Mari per il suo sostenere che i preti debbano invitare i maschi a sopraffare la donna:

Ciò a cui siamo arrivati oggi, ha concluso la De Mari, è uno stravolgimento della realtà: da un lato la femminizzazione dei maschi con la conseguente perdita di virilità, i quali sono diventati troppo empatici, mentre il loro compito di protezione li chiamerebbe ad essere logici e razionali; così ci ritroviamo con donne che vogliono essere capite a tutti i costi dai propri uomini e che sono capaci di mandare a monte storie d'amore sulla base di questo, invece di accettare la diversità. Il compito degli uomini non è quello di "capire" le donne, ma di proteggerle e dargli sicurezza.
Dall'altro lato la rivoluzione sessuale ha portato le donne ad avere una sessualità di tipo maschile: ricercare rapporti col solo scopo di provare piacere, con quanti più uomini possibili e, se non desiderata, scartando la maternità. Se aggiungiamo a tutto questo che le donne molto spesso non trasmettono al figlio l'amore e il rispetto per il padre, il tutto oggi amplificato anche dal problema dei divorzi, comprendiamo l'accorato appello della De Mari affinché sia proprio un uomo ad alzarsi in piedi per salvare questa umanità in crisi. Meglio sarebbe, ha concluso, se questo fosse un sacerdote. Sono infatti i sacerdoti i primi ad essere chiamati a riaffermare il progetto originario di Dio: "Maschio e femmina li creò".

Ormai siamo a livelli di integralismo che dovrebbero farci preoccupare.
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