Il defunto socio dei Giuristi per la vita: «L'omosessualità è una malattia e gli psicologi possono curarla»


"Omosessualità? Si può uscirne". Si intitola così un articolo di propaganda omofoba di Mario Palmaro che mira a promuovere fantomatiche "teorie" screditate dalla scienza che rischiano di spingere gli adolescenti sgraditi alla lobby di Massimo Gandolfini verso il suicidio.
E se il tentativo dei fondamentalisti di patologizzare l'omosessualità è talmente patetico da pretendere che i gay siano trattati da "malati" ma senza che abbiano i diritti di questi (dite che siamo malati, dateci una pensione pagata con le vostre tasse!), pietoso è quanto si può leggere su articoli che le lobby omofobe continuano a diramare in rete.
Nonostante Palmaro sia morto nel 2014, i suoi scritti vengono ancor oggi diramati come presunta "prova" di come i gay donn debbano poter vivere in santa pace la loro esistenza. Docente di filosofia teoretica, etica e bioetica presso la facoltà di bioetica del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, è stato redattore del mensile integralista "Il Timone" di Roiccardo Cascioli  e ha collaborato con i quotidiani Il Foglio e Il Giornale. Ha tenuto rubriche du Radio Maria ed ha presieduto il "Comitato Verità e Vita" oltre ad essere stato membro dell'associazione Giuristi per la Vita di Gianfranco Amato e membro dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani.

Nel testo che i suoi seguaci ostentano come una verità di fede, il fondamentalista anti-gay scriveva:

L'omosessualità è una condizione patologica. Dalla quale, se si vuole, si può uscire. Ma l'azione di una potente lobby gay mira a nascondere questa verità.

Sostenendo che i gay debbano essere ritenuti "anormali", si inizia con una negazione della relatà scientifica e si giura su Dio che i gay non siano confarmi alla natura:

Da almeno trent'anni nella società occidentale opera una potente lobby che vuole far entrare nella testa della gente questa semplice idea: l'omosessuale è come un mancino, certo più raro delle persone che usano la mano destra, ma non per questo giudicato una persona "che sbaglia". Insomma: "gay è bello" almeno quanto essere un eterosessuale. Chiunque sostenga il contrario, perde il diritto di parlare nel grande salotto del villaggio globale e viene liquidato come un intollerante che discrimina gli omosessuali, che li odia e che li considera individui pericolosi e senza speranza. Ovviamente, si tratta di un'accusa completamente falsa, che vuole solo neutralizzare la verità: e cioè che l'omosessualità è una condizione patologica, che ostacola la piena realizzazione della persona.

Il discorso continua a degenerare, con il fondamentalista che ricorre al consueto complottismo di chi pare non capire che i gay non sono aumentati e che semmai sono semplicemente più visibili di quanto non lo fossero quando i fondamentalisti cattolici li avrebbero perseguitati praticamente a morte:

Siamo di fronte a una classica operazione di ingegneria sociale che vorrebbe trasformare una normalità di tipo sociologico in una normalità di tipo antropologico morale: se gli omosessuali sono presenti in numero rilevante, e la gente li approva, allora significa che essere gay è un comportamento assolutamente innocente del punto di vista etico. Non a caso, il Movimento di Liberazione Gay, fondato a New York nel 1969, rivendica due cose: la tolleranza, intesa come piena eguaglianza sociale, economica, politica e giuridica dell'omosessuale in quanto tale; e l'approvazione, intesa come l'idea diffusa che l'omosessualità sia una cosa normale. Ma se questa lobby gay si presenta all'opinione pubblica orgogliosa e compatta, ben diversa è la realtà esistenziale delle singole persone che vivono questa condizione: una vita segnata spesso dalla sofferenza e dall'inquietudine, aggravate dagli atteggiamenti urlati e provocatori del movimento d'opinione che cavalca la tigre della trasgressione sessuale. C'è un paradosso che molti ignorano: il primo passo per aiutare gli omosessuali è riconoscere serenamente che in quella condizione essi vivono male. Anche quando sia apparentemente accettata con serenità, l'omosessualità non sarà mai compatibile con i livelli più profondi della persona.

Nel capoverso intitolato "L'omosessualità come malattia", afferma:

Dunque, giornali, TV, film, situation comedy sono pesantemente condizionate da questa lobby omosessuale, che ogni giorno muove qualche piccolo passo per "normalizzare" l'immagine dei gay agli occhi del pubblico. Le tecniche utilizzate sono molto simili a quelle messe in campo dalla lobby femminista negli anni Settanta, quando film e telefilm furono invasi da donne-giudice, donne-poliziotto, donne-soldato, allo scopo di suscitare processi di immedesimazione nel pubblico femminile. Oggi, le fiction Tv e i film si riempiono di personaggi che non nascondono, e anzi ostentano la loro omosessualità, come affermazione di una categoria socialmente rilevante: il pubblico assimila così il messaggio subliminale che non c'è proprio nulla di strano ad assumere pubblicamente il "ruolo" di omosessuale, felice e contento della propria condizione. Anche nel campo della psichiatria e della psicanalisi la lobby gay ha esercitato fortissime pressioni per indurre gli studiosi a un riconoscimento della normalità della omosessualità. La gente non sa un fatto clamoroso: i tre grandi pionieri della psichiatria - Freud, Jung e Adler - consideravano l'omosessualità come una patologia. Oggi, invece, il termine omosessualità è scomparso dai manuali psichiatrici delle malattie mentali. Ma, come scrive lo psicologo americano Joseph Nicolosi, nessun tipo di ricerca sociologica o psicologica spiega tale cambiamento di tendenza, e nessuna prova scientifica è stata fornita per confutare 75 anni di ricerche cliniche sull'omosessualità come stato patologico.
Spesso, i gay credono di essere nati tali. La stessa opinione pubblica è portata a pensare che certe persone "sono fatte così, e non c'è nulla che possano fare per cambiare". Il riconoscimento giuridico e sociale dell'omosessualità sarebbe scontato, se fosse scientificamente provato che essa è una condizione innata. Ma è stato provato esattamente il contrario: e cioè che i fattori genetici e ormonali non svolgono un ruolo determinante nello sviluppo della omosessualità. Possono predisporre, ma mai predeterminare l'omosessualità. Dunque, non esiste alcun "gene dell'omosessualità" che costringa una persona a essere tale. Possono esservi invece condizioni innate che rendono più facile lo scivolamento verso l'omosessualità. Ma l'essere gay resta un fenomeno prettamente psicologico.

Si arriva così al capoverso intitolato "Guarire si può":

Il vero scoop, in termini giornalistici, è proprio questo: che dalla omosessualità è possibile liberarsi. Non si tratta di un'affermazione teorica, o di un auspicio di natura morale: autorevoli psicologi che da anni lavorano in questo campo possono documentare numerose "guarigioni" di persone gay che - ovviamente senza alcun tipo di costrizione - hanno iniziato una cura psicanalitica seria, e sono completamente usciti dal tunnel di una personalità incompiuta. Certo, il primo passo di questo non facile cammino è riconoscersi bisognosi di aiuto, e infrangere il luogo comune imposto dai media secondo cui, al contrario, bisognerebbe arrendersi al fatto che omosessuali si nasce. Nulla di più falso: innumerevoli studi hanno ormai dimostrato che l'orientamento omosessuale è legato a una serie complessa di fatti accaduti alla persona durante l'infanzia e l'adolescenza. Questa rivelazione dimostra che la lobby gay non solo fa del male alle persone che afferma di voler tutelare, ma, ancor di più, induce l'opinione pubblica a trascurare una serie di informazioni educative che potrebbero in molti casi prevenire l'insorgere del problema. Sappiamo, ad esempio, che nel vissuto di moltissimi omosessuali maschi adulti c'è un padre evanescente; e spessissimo c'è una famiglia sfasciata, un divorzio. Non a caso, anche qui il miglior modo per prevenire è difendere la famiglia, recuperando in particolare la figura di un padre affettuoso ma autorevole, capace di dettare delle regole e dei divieti. In questo senso, i movimenti di liberazione omosessuale sono degli acerrimi nemici della famiglia.

Sarebbe interessante conoscere quali sarebbero questi «innumerevoli studi» dato che la totalità degli studi accreditati sostiene l'opposto. Ma forse il signor Palmaro non saprebbe rispondere datoc he si lancia subito nel sostenere che l'odio contro i gay sarebbe giusto perché lo direbbe la Chiesa:

La Chiesa cattolica continua a insegnare - in perfetta fedeltà alla Sacra Scrittura e alla Tradizione - che "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati, contrari alla legge naturale, e in nessun caso possono essere approvati" (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2357). Il Magistero tiene distinti i comportamenti dalle tendenze: poiché la genesi psichica dell'omosessualità rimane in gran parte inspiegabile, la semplice presenza di tale tendenza non costituisce una colpa, e anzi le persone che si trovano in questa condizione devono essere accolte "con rispetto, compassione, delicatezza" (n. 2358). Ma è altrettanto evidente che le persone omosessuali sono chiamate alla castità e alla perfezione cristiana, traendo forza dalla preghiera e dalla grazia (n. 2359). Proprio questa parte del Catechismo sembra confermare la reale possibilità di cambiamento, cui la psicanalisi offre oggi importanti prospettive: "in questo senso - scrive Padre Livio Fanzaga - c'è affinità di vedute tra prospettiva scientifica e pastorale della Chiesa, scienza e morale qui procedono insieme verso un traguardo positivo di fiducia e di speranza". Dall'omosessualità si può guarire.


L'autore di questo delirio è ritenuto un "eore" dal fondamentalismo cattolico, con tanto di striscioni esposti in suo onore durante le varie edizioni della "Marcia per la vita" organizzata da Forza Nuova e da altre sigle dell'estrema destra.
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