Secondo Provita, la discriminazione è «libertà di pensiero» e i gay sarebbero «dittatori» perché non subiscono in silenzio


Se l'integralismo promosso dall'organizzazione forzanovista "Provita Onlus" è già di per sé aberrante, ancor più disgustoso la loro abitudine a cercare di modificare le parole pronunciate dalle vittime della loro propaganda attraverso spergiuri e falsificazioni che si spera potranno un giorno essere valutate dai tribunali. È un po' come se la signora Manuela Antonacci dicesse che le piacciono i bambini e noi ci sentissimo legittimati ad andare in giro a dire che ha dichiarato di essere pedofila...

Fatto sta che è inveendo contro il rifiuto al patrocinio morale da parte del Puglia Pride che l'integralista Manuela Antonacci scrive:

«Noi non siamo interessati alle briciole. Noi vogliamo tutto. Per questo, rifiutiamo il patrocinio morale che la Regione Puglia ha concesso al Bari Pride del prossimo 29 giugno. Nessun logo istituzionale della Regione comparirà, dunque, sulle nostre bandiere o sui nostri manifesti. Nessun sostegno simbolico alle nostre rivendicazioni è possibile se manca la volontà politica di realizzarle». Con queste parole il coordinamento del Bari pride, in programma il 29 giugno, disprezza e rifiuta ufficialmente, quest’anno, per la prima volta, il patrocinio della Regione Puglia.
Il motivo di tanto gelo è che la legge regionale contro l’omofobia è bloccata in consiglio da oltre due anni, a causa anche delle divisioni all’interno della maggioranza di centrosinistra e questo la dice lunga sul contenuto controverso di tale ddl.
Basta scorrere solo alcuni degli articoli del disegno di legge per averne una idea: l’art. 3, ad esempio, prevede che «la Regione promuova attività di formazione e aggiornamento per gli insegnanti e per tutto il personale scolastico, nonché per i genitori, in materia di contrasto degli stereotipi di genere e di prevenzione del bullismo motivato dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere». Tradotto: il sistema scolastico sarebbe tenuto, se la legge passasse, a impegnarsi attivamente nella diffusione delle teorie di gender nelle scuole di ogni ordine e grado, qualunque sia la volontà dei genitori, venendo di fatto meno al patto di “corresponsabilità educativa” che, all’inizio di ogni anno scolastico serve invece a suggellare un rapporto di fiducia e collaborazione tra scuola e famiglia che, in questo modo, rischia di fratturarsi, e senza che ci sia una reale emergenza omofobia in Puglia.

La "traduzione" è una palese falsificazione, basata sul sostenere che la teoria di Brandi sul fatto che i bambini debbano essere ritenuto oggetti di proprietà di un padre-parone debba essere ritenuta legge. Il fondamentalista sostiene infatti che un genitore debba poter nuocere al figlio come e quando lo desidera, spesso dimenticandosi che anche i bambini hanno dei diritti e che una sana educazione è fra quelli.

Si passa così al sostener che omofobia e discriminazione debbano essere ritenuti una forma di "libertà", asserendo:

Se poi passiamo all’art. 8, tocchiamo con mano la natura liberticida del testo. Infatti, tale articolo addirittura «disciplina le funzioni del Corecom (Comitato Regionale per le Comunicazioni), prevedendo che tale organismo di garanzia effettui la rilevazione sui contenuti della programmazione televisiva e radiofonica regionale e locale, nonché dei messaggi commerciali e pubblicitari, eventualmente discriminatori rispetto alla pari dignità riconosciuta ai diversi orientamenti sessuali, all’identità di genere o a una condizione intersessuale della persona», in sostanza ogni tipo di messaggio trasmesso attraverso qualunque tipo di mezzo comunicativo, dovrebbe essere filtrato, per legge, dal Comitato perché non risulti offensivo verso le varie identità di genere. Una sorta di MinCulPop regionale che rende bene l’idea dell’impianto “democratico” del ddl.

Ancora una volta, la "traduzione" della signora Antonacci appare come una falsificazione della verità, anche se lei non esita a sostenere che sia in nome del diritto all'odio che:

Non c’è da meravigliarsi dunque, se un testo di legge con un impianto così dittatoriale, abbia creato una crisi di coscienza persino all’interno della maggioranza di centrosinistra, tanto da rallentarne l’iter. Ma, come ben sappiamo alla lobby Lgbt che dal 2012 si è saldamente impiantata all’interno del Comune di Bari, con un ufficio tutto suo, della libertà di coscienza altrui non importa un fico secco. Tanto che per mezzo del coordinamento del Bari pride fa sapere al presidente della Regione e «alla giunta che egli presiede, alla sua maggioranza politica in Consiglio, ai partiti e le forze sociali che lo sostengono: noi chiediamo che il ddl venga messo in discussione in tempi certi. Non è più il tempo dei rinvii, a nulla serve nascondersi dietro l’alibi dell’ostruzionismo dell’opposizione o dietro i fantasmi del meccanismo di voto segreto. Vogliamo che questo Consiglio regionale si assuma, prima della scadenza del suo mandato, la responsabilità politica dell’approvazione o della bocciatura della legge, affinché siano chiari, finalmente, nomi e numeri di chi cavalca strumentalmente le lotte della nostra comunità. Se i diritti delle persone Lgbtqi non sono solo una bandiera da agitare in cerca di consenso elettorale, questo è il momento di dimostrarlo. Chiediamo risposte immediate e precise. Rifiuteremo ogni divagazione. Perché non vogliamo le briciole. Noi vogliamo tutto».

Una richiesta lecita e legittima, anche se la signora Antonacci tenta di sostenere che i diritti siano dovuti solo agli eterosessuali e che i gay dovrebbero attendere che i lor hater gli offrano labili concessioni. tanto è la loro vita che verrà danneggiata dall'odio integralista mentre magari lei si garantirà pure qualche soldo extra nel tentare di far del male al prossimo:

Peccato che qui non si stia parlando di “bruscolini” o di “briciole” come le definiscono, perché è in gioco niente poco di meno che la libertà di pensiero e di parola altrui che si cerca di calpestare, com’è tipico dell’arroganza di certe “minoranze” che si dicono “perseguitate” ma si comportano e pretendono di essere trattate come una casta di privilegiati e che l’imbavagliamento del pensiero altrui, cosa che sembra costantemente sfuggire al mondo arcobaleno, non può essere considerato un diritto da accampare, né tantomeno una pretesa, ma semplicemente quello che effettivamente è: un atto di prevaricazione gratuito, tipico di chi, non avendo valide ragioni per affermare il proprio pensiero, può solo ricorrere alla violenza della dittatura.

Surreale è come la signora sostenga che la discriminazione sia "libertà di pensiero" e accusi chi ne è vittima di essere un "dittatore" perché non subisce in silenzio.

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Manuella Antonacci (nella foto di apertura insieme a Pillon e Savarese) è anche membro del gruppo omofobo "la manif pour tous", delle "sentinelle in piedi", di CitizienGo e sostenitrice del partito di Giorgia Meloni.

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