Come chiedere a Google di non finanziare i siti d'odio?


Parlando dei gay, Nicola Pasqulato sostiene che sia «giusto non ridere delle persone malate tranne quando si considerano orgogliosamente normali». E se tratta di una frase già di per sé inaccettabile, il tutto diventa ancor più aberrante se si considera che a pronunciarla sia stato il genitore di un figlio autistico, quindi un qualcuno che dovrebbe quantomeno tentare di difendere la diversità anziché invitare gli altri a deridere suo figlio perché da lui ritenuto anormale. Ma forse ogni riflessione è inutile dato che si sta parlando di un tale che non ha avuto esitazione nel dirottare fondi destinati ai bambini autistici al finanziamento di un comizi integralisti in cui il suo Gianfraco Amato promuoveva fantomatiche "terapie riparative" dell'omosessualità.
Pasqulato afferma pure che non ci sarebbe odio nel suo disprezzo verso un intero gruppo sociale perché «l'odio e la repulsione è verso le pratiche fisiologicamente malate e foriere di ragadi, fistole, infezioni e quant'altro di estremamente dannoso e mortale proprio per certe pratiche erotiche tanto promosse dal mondo lgbt+». La fonte citata? Quella sua Silvana De Mari che è stata condannata per diffamazione aggravata contro i gay.
Sono solo due esempi dell'odio defecato dal fondamentalista su un blog ospitato da Google che viene finanziato dalla pubblicità di Google. Sì, esatto: proprio quelli che ci hanno oscurato in nome di imprecisati «alcuni utenti» che avrebbero reputano «discutibili» i contenuti di Gayburg mentre sembra che quegli stessi «alcuni utenti» non abbiano problemi con i blog che promuovono odio o fantomatiche "terapie riparative" dell'omosessualità. Stando all'attuale politica del colosso statunitense, infatti, non ci sarebbe alcun problema se i bambini rischiano di poter accedere senza filtri a quelle aberranti pagine.

Dato che Google detiene il controllo di gran parte del mercato pubblicitario, risulta pressoché impossibile non entrare in contatto con i prodotti che acquistano la loro pubblicità e il reale rischio che i nostri soldi finiscano col finanziare indirettamente quella propaganda.
Per opporsi a tutto ciò, l'unico strumento a disposizione degli utenti è la possibilità di segnalare i contenuti di promozione all'odio e tentare di chiedere a Google di non finanziarli ulteriormente. Qui tenteremo di spargervi come fare:

Passo 1. Visitate la pagina d'odio che viene finanziata da Google ed identificare un loro banner pubblicitario (generalmente li si può identificare dalla presenza di due icone posizionate in un angolo). A quel punto cliccate sull'icona che si trova a fianco della "X". Fate molta attenzione a cliccare l'icona e non il banner, oppure finirete per dare dei soldi al proprietario del sito.


Passo 2. Se l'annuncio è effettivamente di Google, vi si aprirà una pagina che riporta l'annuncio e varie opzioni. Cercate e selezionate la voce "apri il modulo di feedback relativo al publisher":


Passo 3: Selezionate quelle che ritenete siano le violazioni della pagina e spiegate le vostre argomentazioni nell'apposito campo. Inviate il tutto e auguratevi che Google decida di prendere provvedimenti.


La procedura è applicabile qualunque sito sia finanziato da Google, quindi dal blog di Pasqualato alle pagine di Casa Pound e dal quotidiano di Maurizio Belpietro al sito sovranista vicino a Giorgia Meloni.
Ogni segnalazione metterà Google nella condizione di non poter far finta di nulla e di dover decidere se vuole stare dalla parte di chi non ha problemi a fatturare grazie all'odio o se opterà per l'interesse comune.
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