Transgender usate come cavie a loro insaputa. Azzerato il processo, i giudici ripartono da capo


Quattro medici, specialisti dell'Umberto I di Roma, sono accusati di aver eseguito sperimentazioni non autorizzate su quattro persone transgender a cui sarebbero stati inferti organi sessuale indefiniti. Portati in tribunale nel 2015, le vittime videro il processo azzerato a causa della sostituzione del giudice monocratico. Solo ora le udienze sono riprese, ma da capo: si è dunque ripartiti dall'audizione bis delle quattro persone offese.
In considerazione di come i fatti risalgano ad otto anni fa e di come il processo stia stato ora azzerato, pare difficile si potrà arrivare in Cassazione dato che il reato si prescrive in 12 anni.
Senza alcun consenso informato presentato alle pazienti relativo al carattere sperimentale del tipo di operazione, è nel gennaio del 2014 che i medici si vantarono del loro operato una rivista scientifica parlando  di una "nuova tecnica operatoria" di cui enfatizzavano il carattere "sperimentale".
Il reato contestato è quello di lesioni volontarie dato che i chirurghi avrebbero accettato l'ipotesi che l'operazione potesse andare male senza ritenere di dover informare le loro pazienti.
«Non sapevamo di essere diventate delle cavie», lamentano le pazienti nello spiegare come gli interventi subiti prevedessero una fallimentare ricostruzione neovaginale attraverso l'utilizzo di tessuto prelevato dalla bocca.
Shockate dopo l'esito infausto dell'operazione, si sono dovute rivolgere ad altri centri specializzati, con evidenti problemi fisici ed esborsi di denaro non indifferente. ma la giustizia tarda ad arrivare.
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