Non esiste un singolo "gene gay", bensì migliaia di varianti genetiche


«Non esiste un singolo 'gene gay', bensì migliaia di varianti genetiche associate al tratto, ognuna con piccoli effetti». È quanto sostiene un studio condotto dall'italiano Andrea Ganna che oggi lavora negli Stati Uniti per conto del Broad Institute del Mit e di Harvard.
Lo studio sostiene che «le varianti genetiche di una persona non predicono in modo significativo se avrà comportamenti omosessuali» che sono invece “il risultato di un cocktail di elementi che spaziano dal Dna alle influenze esterne». L’omosessualità deriverebbe dunque da un mix di fattori genetici e ambientali. Sarebbero cinque le varianti genetiche che appaiono «significativamente collegate» all’omosessualità, e migliaia risultano «coinvolte», ma «nessun modello» permette «di prevedere o identificare in maniera affidabile l’orientamento sessuale di un soggetto».
Uno studio del 1993, condotto su un campione più ristretto, aveva suggerito che un tratto di DNA sul cromosoma X fosse collegato all'omosessualità ereditaria. Ma tale tesi viene screditata dal nuovo studio, il quale però non dice che l'omosessualità non sarebbe naturale come hanno cercato di sostenere alcuni siti legati all'estrema destra neofascista.
E se Cascoli e brandi di dono buttati a capofitto in una strumentalizzazione ideologica della ricerca, Ganna e i suoi colleghi hanno subito specificato che «è importante evitare conclusioni semplicistiche» perché «esiste una lunga storia di uso improprio dei risultati genetici a fini sociali» dato che si tratta di «approfondimenti su basi biologiche riguardanti un tema molto complesso come i fenotipi comportamentali».
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