Omofobia all'ospedale di Lecco: «Fuori da qua lesbica»


«Fuori da qua lesbica». È questa la scritta che una dipendente dell'ospedale Manzoni di Lecco ha trovato suo armadietto. Dopo aver avuto quattro figli con un precedente compagno, lo scorso anno si è resa conto di amare un'altra donna ed ha deciso di non nascondere il suo orientamento sessuale nel reparto in cui lavora da anni.
Sono così iniziate le battutine prima, degenerate a vere e proprie offese e ad atti intimidatori come quello che la dipendente ha denunciato ai sindacati e alla polizia.

Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay, commenta: «Alla lavoratrice trasmettiamo il nostro sostegno e la nostra solidarietà. Lei, come molte altre persone lgbti, subisce le conseguenze di un sistema istituzionale che sottovaluta o addirittura ignora il fenomeno dell'odio omotransfobico e il modo in cui penetra negli ambienti di vita e di lavoro delle persone. In particolare, il caso di Lecco è desolante perché ci mostra gli effetti dell'assenza di una legge nazionale che sanzioni l'omotransfobia, sommata a un'altra assenza, cioè quella di una legge regionale che metta in campo azioni di prevenzione e contrasto».
Manuela Macario, componente della segreteria nazionale di Arcigay con delega al lavoro, aggiunge: «Nei luoghi di lavoro è necessario portare percorsi di formazione, che migliorino la qualità di quegli ambienti, sia rispetto alla relazione con lavoratori e lavoratrici lgbti, sia nei confronti dell'utenza. Perché quella frase odiosa sull'armadietto – conclude – ci fa intuire che quell'ospedale non sia un luogo sicuro e accogliente per le donne lesbiche. E questo è un fatto paradossale e gravissimo».
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