Se un comizio elettorale diventa il "Family day umbro"...


Massimo Gandolfini ha firmato un contratto che gli assicura potere politico in cambio di voti dirottati verso il partito di Matteo Salvini, ma il suo definire "family day" un comizio elettorale a sostegno dei candidati di Meloni, Belrlusconi e Salvini dimostra l'ovvio: la sua setta è una lobby partitica che cavalca l'omofobia con scopi propagandistici.
Oltre al solito Simone Pillon che parlava di come costringere le donne a produrre bambini che abbiano un colore a lui più gradito di quelli sequestrati dal suo leader, in prima fila trovavamo anche Maurizio Gasparri, il quale si è spellato le mani nell'applaudire ad un Sivio Belusconi che parlava di "famiglia tradizionale" dall'alto del suo divorzio, delle sue vicissitudine con le olgettine e del suo attuale fidanzamento con una ragazzina che ha la metà dei suoi anni. Forse una prassi, dato che anche Salvini conta ex mogli e numerose ex fidanzate, tra cui anche ragazzine che avevano la metà dei suoi anni.




Nel mentre, Massimo Galdolfini rilancia poi la teorie di Jacopo Coghe (vicepresidente dell'organizzazione forzanovista Provita Olus) basate sull'ossessiva ripetizione dei soliti slogan. Tradotti in italiano, la «tutela dal concepimento» significa il divieto all'aborto, la «morte naturale» significa un divieto all'eutanasia e la «libertà educativa dei genitori» significa impedire il contrasto all'odio su cui loro campano.


Evidente è anche come tutte le sigle e siglette legate al fondamentalismo siano sempre legate tra loro, in quel gioco di specchi in cui una manciata di fondamentalisti cerca potere facendo credere che il loro pensiero medioevale sia condivisao (anche se in realtà sono loro a darsi ragione a vicenda).
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