Porro attacca la Segre, sostenendo che il contrasto all'odio spinga all'odio chi odia


Il blog sovranista di Nicola Porro propone una dialettica incentrata sul suo sostenere che si debba sempre essere sempre in disaccordo la sinistra e costantemente in osannante venerazione di tutto ciò che viene detto dalla destra. Peccato che a quel punto risulti difficile definirlo "giornalista" dato che ogni suo atteggiamento pare qualifica come un militante.
Impegnato a sostenere che le sinistre promuoverebbero «odio» nel contrastare l'odio di chi odia perché non viene lasciato libero di odiare, ai suoi proseliti propina un delirio di Alessandro Rico (ossia uno degli odiatori di professione al soldo di Maurizio Belpietro) dal titolo "Perché alla sinistra serve alimentare l’odio". Qui leggiamo:

Sulla commissione Segre ne abbiamo dette tante. È un pretesto per screditare i sovranisti. Una trappola per la libertà d’espressione. Una strumentalizzazione della senatrice a vita. Aggiungo un tassello: sono le commissioni sull’odio ad alimentare l’odio, perché è l’odio che tiene in vita la sinistra postcomunista.

Non si comprende inc he modo il contrasto all'odio e alla xenofobia servirebbe a «screditare i sovranisti» dato che i sopranisti spergiurano di non essere razzisti né xenofobi, ma forse la redazione di Belpietro sa che la balla che amano raccontare ai loro lettori è assai diversa dalla verità dei fatti.
Ed infatti si passa subito a dire che la sinistra non deve farsi portatrice dei diritti delle minoranze dato che le destre amano teorizzare che le maggioranze debbano pensare unicamente a come accrescere i propri privilegi. per l'oro il prossimo può anche crepare se dalle loro vite si può sperare di trarre un qualche profitto personale prima di andare a messa. Ed è inveendo contro i gay, donne e minoranze etniche che Rico scrive:

Tutti notano che, caduto, il Muro di Berlino, la sinistra si è imborghesita, è diventata alleata del grande capitale, ha abbandonato le classi lavoratrici. Vero. Ma il punto fondamentale è che ha perso una filosofia della storia. Un’idea capace di fornire alle persone un orizzonte di senso. E per riempire quel vuoto, ha abbracciato la causa dei cosiddetti «movimenti sociali»: gruppi Lgbt, femministe, minoranze razziali. Oggi è questo il leitmotiv della sinistra: la società va ridisegnata. Generi ed etnie sono un’imposizione del potere costituito. Gli oppressi vanno liberati. La giustizia, come ha osservato nel suo ultimo libro Francis Fukuyama, deve trasformarsi nel riconoscimento dei diritti di una costellazione di gruppi di minoranza. È la «politica delle identità», il mantra di una sinistra schizofrenica che da un lato sposa il globalismo, ma dall’altro rivendica le micro appartenenze. Una sinistra che considera queste stesse identità completamente fluide, però pretende un’adesione settaria a esse.

Interessante è osservare come la Lega voglia rispolverare le teorie di Hitler sulla fantomatica esistenza delle «razza» anche se è appurato non esistano (al massimo si può parlare di etnie) mentre si sostiene che il disprezzo e l'oppressione siano un diritto di chi vive di odio. Cambiando i termini, sarebbe come sostenere che un ebreo non doveva poter pretendere di imporre la sua esistenza a quei nazisti che lo volevano sterminare.

Si passa così a sostenere che le sinistre vogliano la radicalizzazione delle minoranze e che le spronerebbero ad odiare i loro oppressori:

Il guaio è che per mobilitare le «minoranze oppresse», i gay, i trans, i neri (gli ebrei non è detto, ché non a tutti piace Israele…), essa deve puntare sulla radicalizzazione. Deve esacerbare il conflitto. Deve, appunto, nutrire l’odio.
È successo in tempi straordinariamente brevi nel mondo anglosassone. Guardate la rassegna di episodi di intolleranza nei campus universitari americani, riportata dal libro The Coddling of the American Mind, di Greg Lukianoff e Jonathan Haidt. Decine di piccole rivoluzioni negli atenei Usa, nei quali è stato impedito di parlare, anche con la violenza, a chiunque non si adeguasse al verbo gender o razzialmente corretto, pure se si trattava di intellettuali progressisti. Pian piano la mania d’Oltreoceano di creare dei mostri – il maschio prevaricatore, la star sessista, il conferenziere razzista – sta approdando in Italia.

Spiegato che per loro non c'è problema se un maschio vuole picchiare la moglie o se qualcuno discrimina i cittadini sulla base di pregiudizi ed odio, affermando che la soluzione è permettere che ai leghisti sia concesso dire qualunque cosa vogliano contro chiunque vogliano odiare:

E così veniamo alla commissione Segre. Lo strumento perfetto per rimpolpare la tensione sociale. Il gioco è subdolo: più si militarizzano i seguaci della politica delle identità, additando i razzisti, i suprematisti, gli odiatori, i «troll» da social network, nei confronti dei quali invocare misure repressive, più si radicalizzano, di riflesso, quei «deplorevoli», per usare un aggettivo di Hillary Clinton. Il processo si alimenta da solo: i reietti «populisti» s’arrabbiano ancora di più, insultano ancora di più, giustificando altra psicopolizia, altre commissioni, altre leggi in difesa delle minoranze minacciate…

Il riferimento è a quel libro che Salvini e la meloni citano durante i loro congressi come parte del copione deciso dagli oligarchi russi che teorizzano la distruzione dell'Europa per ottenerne l'annessione sotto il dominio di Mosca.

L'articolo si chiude con il negazionimso di chi spergiura che razzismo e odio non esitano:

Che la tecnica di denunciare l’odio per alimentare odio e sopravvivere come piattaforma politica esasperi lo scontro. La caccia alle streghe non è insidiosa perché ci convince che esistano delle streghe. Lo è perché recluta sempre nuove bande di cacciatori.

Immagini: [1] [2]
1 commento