L'Espresso smaschera le operazioni finanziare di Giorgia Meloni


Per quanto Giorgia Maloni cerchi consensi elettorali sbraitando come una pescivendola che lei si identifica come una donna del popolo, che lei odia l'Europa e che lei esige armi da guerra schierate contro chi salva vite umane, l'inchiesta de L'Espresso inchioda la populista che pare trarre enormi profitti dalla sua attività di burocrate.
L'articolo di Federico Marconi e Giovanni Tizian racconta i finanziatori di cui ha beneficiato Fratelli d'Italia, partendo dalla cena di gala ad inviti dell’European Conservatives and Reformists di cui fanno parte i cinque deputati di Fratelli d’Italia eletti alle elezioni di maggio. Oltre ai fondi raccattati dai lobbisti di AT&T, il partito di Giorgia meloni si è fatto pagare anche dall’Associazione Cacciatori Veneti e da altre "donazioni liberali" giunte da altri soggetti opinabili: ci sono i soldi dell'immobiliarista Angiola Armellini, già indagata nel 2014, per una maxi evasione fiscale; Sergio Scarpellini, il palazzinaro coinvolto nello scandalo della casa dell’ex braccio destro di Virginia Raggi; i costruttori Santarelli; un’azienda del gruppo Mezzaroma; le imprese del gruppo Navarra, attivissime negli appalti pubblici; l’immancabile Luca Parnasi, l’imprenditore del mattone che voleva realizzare il nuovo stadio della Roma prima di essere travolto da un’inchiesta giudiziaria per corruzione e per finanziamento illecito. A ciò si aggiunge il patrimonio immobiliare dell'ex Msi, una vera e propria fucina di soldi su cui l'élite populista pare voler lucrare senza alcuna remora.

Da tempo al centro di speculazioni finanziare, già nel 2018 la signora Giorgia Meloni fondò un suo partito belga finalizzato a ricevere fondi dall'Unione Europea in nome delle regole contro cui lei è solita sbraitare. La sede del partito venne fissata allo stesso indirizzo di una fondazione di estremisti di destra indagati per spionaggio a favore della Russia.
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