Assassinio di Maria Paola, Raffaella Frullone si accanisce contro chi chiama al maschile il suo fidanzato


Raffaella Frullone è co-fondatrice delle "Sentinelle in piedi" e una fiera sostenitrice della bufala "gender". Davanti ad una ragazza di 18 anni che sarebbe stata uccisa dal fratello che non accettava la sua relazione con un uomo trans, la fondamentalista ha praticamente ritenuto di dover avvalorare la tesi dell'assassino per inveire contro l'identità di genere del fidanzato della vittima.
Lo ha fatto in un surreale articolo intitolato "Omofobia: l’identità negata di Cira e una legge che non serve" pubblicato da Il Timone (uno dei siti gestiti dalla setta Riccardo Cascioli). Se già nel titolo la sua mancanza di rispetto per l'esistenza altrui pare evidente, nelle prime righe inizia ad inveire come una indemoniata contro chi parla al maschile di un uomo trans:

La notizia si capisce a fatica. La maggior parte dei media mainstream, dai quotidiani ai tg, parla di un fidanzato, un compagno, al maschile scrivono Ciro. Qualcuno specifica solo «un ragazzo trans», è come se all’unisono avessero deciso di negare l’identità biologica della ragazza. Sì, perché Ciro, all’anagrafe è Cira, 22 anni, cresciuta a Caivano insieme alla madre che per sbarcare il lunario fa l’ambulante. Il padre non c’è, chissà dov’è, nessuno se lo chiede. Tutti però scrivono che Cira «non accettava la sua identità femminile» e da qualche anno aveva «intrapreso il percorso per diventare uomo». Inseguendo l’illusione di diventare uomo Cira si veste da maschio, capelli corti e tatuaggi che gli coprono gran parte del corpo, e forse anche quelle ferite nell’anima che si porta dentro, magari per essere cresciuta senza padre al Parco Verde di Caivano, «un inferno» – scrive il quotidiano Il Mattino, «dove la vita di un ragazzo vale meno di una dose». Cira si arrabatta, a fatica per trovare un lavoro, da tre anni ha una relazione con Maria Paola, 18 anni, che prima era la sua migliore amica. Stanno quindi insieme da quando la vittima aveva solo 15 anni, e da un mese vivevano insieme ad Acerra.

Paiono chiari i riferimenti alle screditate teorie di Nicolosi sul fatto che l'omosessualità o la transessualità sarebbe una "malattia" dovuta al padre o alla madre, così come è solito sostenere quel loro Luca Di Tolve. Ma resta evidente il suo tentativo di gettare fango contro il compagno della vittima e in una "giustificazione" dell'assassino:

«La le discussioni in casa per la mia relazione mi uccidono», aveva confidato Maria Paola. L’ultima lite, quella di sabato sera con il fratello Michele, di 12 anni più grande di lei, era scaturito proprio dalla convivenza con Cira ad Acerra. Michele era intenzionato a riportare la sorella a casa, ma la lite è degenerata in uno speronamento mortale. Volontario per la famiglia di Cira, un incidente secondo la famiglia Gaglione.

Se pare disgustoso che la signori Frullone continui a chiamare Ciro al femminile quasi come se si eccitasse nel mancar di rispetto alle persone, imbarazzante è come il fondamentalismo organizzato (da Pillon ad Adinolfi) tenti di sostenere che in questo specifico caso bisognerebbe prendere per buono ciò che dice l'imputato e non quanto riportano i verbali dei giudici. Già, perché lo scontro non sarebbe avvenuto solo per la famiglia di Ciro, ma anche per quei giudici che hanno convalidato l'arresto.

Inizia cosi il suo attacco a chi chiede un contrasto all'omofobia:

Una vicenda di miseria economica, sociale e relazionale, ma che tutti i media hanno schiacciato unicamente sulla dimensione Lgbt. Nessuno si chiede niente sulla storia di questi tre ragazzi, nessuno va a indagare nelle piaghe della loro storia, tutti si affannano solamente a parlare di «Ciro», al maschile.

Sarà, ma forse è normale che un uomo trangender venga chiamato al maschile anche se lei ama partecipare a quei congressi patrocinati dalla lega che invitano a odiare e disprezzare le persone trans sulla base di quegli stereotipi che avrebbero spinto il fratello a commettere l'omicidio. Eppure lei prosegue imperterrita a raccontare che non servirebbero leggi perché lei ha deciso che sarebbe colpa di tutti fuorché dell'assassino:

Sembra una gara a chi si accaparra la vittima. Ieri Cira è stata intervistata da Repubblica, dal Corriere della Sera e ha anche risposto ai giornalisti in una conferenza stampa surreale in ospedale dove mascherina e dialetto strettissimo rendevano incomprensibili gran parte delle dichiarazioni. Non poteva mancare il coro della politica arcobaleno: da Alessandro Zan a Laura Boldrini, passando per Monica Cirinnà, tutti a ribadire a gran voce che alla luce dell’accaduto «c’è bisogno della legge sull’omotransfobia».
Eppure la realtà dice altro. Michele Gaglione è in stato di fermo, convalidato ieri dal Gip di Nola, resta in carcere dovrà rispondere di omicidio preterintenzionale, violenza privata e lesioni personali aggravate dai futili motivi. La giustizia sta già facendo il suo corso. Non c’è bisogno di nessuna legge. Ci sarebbe bisogno di qualcuno che medichi le ferite causate e lasciate in queste due famiglie lacerate in una terra dimenticata, ma questo non interessa a nessuno.

A dirlo è quella stessa signora che si affrettò a concordare con Jacopo Coghe le modalità con cui usare l'inchiesta di Bibbiano contro le famiglie omogenitoriali (il che rende ancor più ridicole le sue accuse di strumenalizzazione dato il pulpito da cui arriva la predica) Ed è davvero surreale che i suoi lettori non inorridiscano davanti a chi insulta la vittima dicendo che a lei non sta bene potesse stare con un uomo.
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