È stata confermata la fascia ad Antonio Veneziani


Eletto "Il gay più bello d’Italia 2020" lo scorso 22 agosto scorso, Antonio Veneziani è finito al centro di mille polemiche quando l'aspirante candidato populista Ferdinando Tripodi l'ha accusato di condividere le sue medesimi posizioni politiche contro la comunità lgbt. Da lì è stato scritto di tutto, spesso senza che si capissero le effettive posizione dei protagonisti: di Veneziani è stato detto che sarebbe vicino all'estrema destra, che ritenga ridicoli i Pride e che ami vantarsi di far sesso occasionale non protetto. Per tutti quei motivi, la sua fascia è stata messa in discussione.

Ora il comitato organizzativo ha annunciato che convalideranno l'elezione, senza però chiarire quali siano le sue effettive posizioni, ricorrendo a quella moda di sostenere che tutto sia "opinione" e che dunque il deridere le battaglie lgbt o il dichiararsi contrario alla tutela dei bambini vada rispettato come sostengono quei populisti che però poi denunciano e perseguitano chiunque abbia opinioni diverse dalle lor9o. Attraverso un comunicato, affermano:

Dopo un’ampia e articolata discussione il comitato organizzativo ha confermato, all’unanimità, la scelta della giuria di nominare Antonio Veneziani quale vincitore dell’edizione 2020. Siamo certi che la bufera mediatica che si è scatenata sia stata occasione di crescita e confronto per l’intera comunità lgbt. Il comitato organizzatore sta contattando in queste ore diversi esponenti del mondo lgbt quali: Imma Battaglia, che ha già dato la sua disponibilità, Monica Cirinnà, Alessandro Zan. Questi avranno il compito di rappresentare punti di vista forse diversi da quelli che si estrapolano dai post e articoli del vincitore. In sintesi abbiamo condiviso in pieno il motto: tutti gay, tutti diversi.

Una diversità che pare sostengano dovrebbe includere tutto, persino chi scende in piazza con Giorgia Meloni a chiedere un divieto alla libertà di chi è diverso da loro. E neppure pare molto chiaro cosa dovrebbero centrare parlamentari come Zan e la Cirinnà in un dibattito volto a sostenere che un gay debba poter votare chi vuole togliere diritti agli altri gay o che debba poter deridere i Pride sulla base delle falsificazioni che vengono già ampliamene promossi da certi gruppi politici.
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