Giorgio Celsi avrebbe aggredito un medico di Monza che ha osato difendere le donne dai suoi insulti


Il partito di Mario Adinolfi ha espresso la sua solidarietà al fondamentalista di Ora et Labora che ogni venerdì si presenta davanti all'ospedale San Gerardo di Monza per insultare e disturbare le donne che hanno deciso di non portare a termine la loro gravidanza.
Leader di un gruppo estremista, molto attivo anche nella promozione dell'omofobia, è solito occupare gli ingressi degli ospedali con striscioni con scritto "mamma perché mi fai questo" o "aborto uguale omicidio" mentre inscena carnevalate con bambolotti di plastica dentro a una culla con sopra una croce.
Celsi si presenta lì vestito da infermiere, con il suo camice e il suo tesserino dell'ospedale di Carate (ossia della struttura in cui lavora a nostra spese) forte delle sue condanne che lo hanno portato a non potersi più avvicinare alla clinica Mangiagalli di Milano a seguito delle denunce sporte dalla struttura in difesa delle sue pazienti.
Ieri, in occasione di uno dei suoi presidi contro le pazienti, un medico ha protestato e ci sono stati attimi di tensione. Sia il gruppo di integralisti, sia il medico hanno sporto denuncia, ma l'adinolfiniana Sara Reho ha preferito nascondere i fatti oggettivi per proporre una rivisitazione ideologica dell'accaduto, che peraltro è in totale contrasto con la versione proposta dal medico.

L'adinolfiniana ha pubblicato la fotografia di un dito di Celsi da cui sarebbero fuoriuscite poche gocce di sangue, urlando all'attentato. Ovviamente non ci mostra cosa quella gente abbia fatto al povero medico che ha difeso le sue pazienti dalle sue molestie, preferendo rilanciare chi scrive:

Piena solidarietà al militante pro-life Giorgio Celsi aggredito barbaramente poche ore fa da un ragazzino incosciente mentre stava manifestando pacificamente in difesa della vita di fronte a un ospedale pubblico.

Se è difficile definire «pacifico» il suo sbraitare insulti alle donne che stanno esercitano un diritto garantito dalla legge, deplorevole è il livello di ideologia che li porta a dichiarare:

La cultura della morte è violenza. Una violenza che cerca in tutti i modi di sopprimere una verità che appena si mostra alla luce del sole inizia a scottare, al punto che si è disposti ad aggredire pur di censurare la libertà d’espressione garantita dalla costituzione.

Insomma, ancora una volta si giocano la carta del raccontare che i loro insulti e le loro aggressioni sarebbero "libertà di espressione". Ma è tragicomico tirino in ballo la Costituzione in difesa di quel Giorgio Celsi che chiede un divieto ai Pride perché sostiene che i gay vadano privati del diritto di espressione e di manifestazione.
Come "fonte" della loro ricostruzione dei fatti, citano un sito chiamato "Il Cattolico" che ha ripubblicato il comunicato stampa diramata dall'organizzazione di avvocati che difendono Celsi. Insomma, quanto di più di parte potessero scegliere, peraltro epurata da qualsivoglia contraddittorio.
Inoltre pare curioso che gli striscioni che vedete nell'immagine di apertura vengano presentati come l'organizzazione di «un presidio di preghiera e testimonianza in difesa della vita», in quel solito uso della religione come "giustificazione" alla loro aggressione contro chi ha opinioni diverse dalla loro.

Dal canto suo, il medico specializzando in Neurologia che lavora al San Gerardo ha spiegato la violenza di quei fondamentalisti che infieriscono su donne provate da una decisione difficilissima come l'aborto.
«Mi sono fermato a parlare, ho gridato contro quelle persone che protestavano contro un diritto altrui conquistato con fatica, che davano delle assassine alle donne», spiega. Dice anche che non poteva più accettare «come uomo e come medico che dovessero sopportare tutto questo, durante un momento già abbastanza straziante per chi fa una scelta simile. Proprio di fronte a un luogo che dovrebbe proteggerle, senza che nessuno dica nulla. Ho gridato, sì. Ma all'improvviso mi sono visto accerchiare. E uno di loro, vestito da infermiere, mi ha caricato come se fossimo a rugby. A quel punto mi sono difeso e sono finito a terra».
Entrambi sono andati al pronto soccorso per farsi medicare ed il giovane dottore si è presentato dai carabinieri di Monza per sporgere denuncia nei confronti del suo aggressore, esattamente come Celsi dice di aver fatto attraverso un'organizzazione che si definisce "cattolica", la quale ha diramato quel comunicato stampa che presentasse unicamente la loro ricostruzione dei fatti ad uso delle organizzazioni fondamentaliste vicine al soggetto. Ora gli accertamenti spetteranno ai carabinieri ed, eventualmente, alla Procura della Repubblica di Monza.

A riprova della matrice ideologica che si cela dietro la setta di Celsi, è sullo sfondo che si vendono i manifesti contro il diritto di scelta delle donne stampati dall'organizzazione forzanovista Provita Onlus di Jacopo Coghe e Toni Brandi. Inoltre Celsi è legato alla fondamentalista Silvana De Mari, è stato candidato nel partito di Mario Adinolfi e ama stampare volantini volti a sostenere che i gay sarebbero «un pericolo sanitario» in un evidente tentativo incoraggiare l'omofobia.
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