Aizzati da Adinolfi, i suoi seguaci ci definiscono «ignoranti», «distorti», «malati» e «anormali» perché le candidate le chiamiamo al femminile


La declinazione al femminile di sostantivi, aggettivi e altre forme grammaticali non è un'invenzione del politicamente corretto, è una regola della nostra lingua. L'uomo è un candidato, la donne è una candidata. Lo dice la grammatica, non lo diciamo noi.
Davanti a questa elementare constatazione, Adinolfi è andato su tutte le furie ed ha aizzato i suoi proseliti contro di noi rivendicando orgogliosamente che nel suo partito le donne sono «il candidato sindaco» e non «la candidata sindaco». Ovviamente si è pure inventato anche dei neologismi deliranti che potessero spingere i suoi proseliti al bullismo e all'invettiva gratuita. Il risultato è che i suoi seguaci ci definiscono «ignoranti», «distorti», «malati» e «anormali» perché le candidate le chiamiamo al femminile:
















Qualcuno ci diffama addirittura sostenendo che potremmo considerare un «avversario» l'irrilevante partitino suprematista del loro leader. E tutto questo sulla base del loro porsi come disposti ad aggredire e insultare qualunque vittima venga loro indicata dal loro procacciatore di omofobia.
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