I seguaci di Jacopo Coghe dicono che i gay sarebbero "pedofili" e che la detenzione di Patrick Zaki sia "una buona notizia"


Non sarà che Jacopo Coghe teme il ddl Zan perché ritiene che la sua organizzazione forzanovista si faccia promotrice di una reale istigazione all'odio che arriva a minacciare l'incolumità fisica delle sue vittime? La domanda viene spontanea nel leggere quanto scrivono i suoi seguaci:



Tralasciando la solita diffamazione aggravata che il signor Alberto riserva a Gayburg, per più più interessante a livello penale è la sigla da lui usata: "LGBTP". Se "L" sta per lesbiche, "G" per gay, "B" per bisessuali e "T" per transgender, lui ci aggiunge una "P".
Non serve molta fantasia a comprendere che quella "P" starebbe per "pedofili" come sostiene una fake-news che è stata diffusa dalla neofascista Andry Webber

Ma è qui che l'organizzazione di Jacopo Coghe entra in gioco, cercando di promuovere quel delirante accostamento tra omosessualità e pedofilia rilanciando una fake-news confezionata dalla signora Marina Terragni (di cui ci siamo occupato qui):



Contrariamente a quanto spergiura l'organizzazione di Coghe, l'Ilga non ha mai chiesto di «abbassare l'età del consenso sessuale». Eppure è sulla base di quelle fake-news che i suoi seguaci si sentono legittimati a dire che i gay sarebbero pedofili.

Lascia poi sconcertati che quelli che dicono che l'odio sarebbe "libertà di espressione" siano gli stessi che poi definiscono «una buona notizia» la carcerazione illegittima di Patrick Zaki, arrestato per le sue ricerche scientifiche sul genere e detenuto da oltre un anno senza neppure un processo:



Il soggetti vuole anche pregare contro i preti che benedicono i gay, in quella loro abitudine a usare la religione come strumento d'odio verso chi non è omofobo quanto loro:



E se lui giura che offendere un gay sarebbe "libertà di espressione", è sempre aizzato dal organizzazione di Coghe che chiede limiti alla libertà di espressione altrui, peraltro giurando che lui avrebbe visto offese al cristianesimo nell'invito all'amore e alla tolleranza di Fiorello e di Achille Lauro:

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