Il vescovo Douglas Regattieri fa dire la verità agli omofobi: non vogliono il ddl Zan perché loro odiano i gay


Ma quale fantomatica "libertà di espressione"! Ogni tanto i fondamentalisti peccano di onestà e non riescono a trattenersi dal dire la verità: loro non vogliono il ddl Zan perché a loro sta bene che i gay siano tutelati da chi li picchia o li discrimina.
Ed è così che troviamo don Mirco Bianchi pronto a citare un Sabino Pacciolla che cita Leonardo Lugaresi per sostenere che loro si sentono tutti eccitati come scolarette perché il vescovo Douglas Regattieri gli avrebbe detto che l'omosessualità è una «grave depravazione» e loro ne deducono sarebbe dunque ingiusto punire chi picchi ai gay.

Sul loro blog ringraziano il prelato per il suo contributo alla promozione dell'odio, asserendo:

Lo ringrazio di vero cuore perché nei giorni scorsi ha pubblicato una lettera, indirizzata a tutti i fedeli della sua diocesi (quindi anche a me), in cui esprime un giudizio, basato sulla dottrina della chiesa cattolica, a proposito di alcune gravi e scottanti questioni della nostra vita sociale e politica: la proposta di legge Zan, il problema della denatalità e il mercato delle armi. In altri tempi, anche non troppo lontani, non ce ne sarebbe forse stato bisogno e/o sarebbe stato scontato che un vescovo lo facesse. Oggi non è più così.
Tra le molte cose cristiane contenute nella lettera, che invito a leggere, qui, ce n’è una che mi ha particolarmente colpito. Richiamando i principi della dottrina cristiana sulla sessualità, mons. Regattieri cita, quasi per esteso, nel corpo della lettera, il paragrafo 2357 del Catechismo della Chiesa cattolica, che anch’io sulla sua scorta qui copiaincollo: «[Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni], la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati». Capite? Non si è limitato a farvi un pudico cenno in nota, abbastanza criptico da non essere capito da nessuno se non da pochi addetti ai lavori. Lo ha ripetuto ad alta voce, così com’è (solo evitando di riportare la prima parte della frase, relativa alle «gravi depravazioni» di cui parla la Scrittura): lo ha ridetto papale papale (anzi no … direi piuttosto “episcopale episcopale”).

Eccola lì la loro idea di "cristinaesimo". Per loro la religione è solo uno strumento da usare per sedersi in cattedra e lanciare condanne contro chiunque non sia fatto a loro immagine e somiglianza. Evidentemente non hanno mai capito cosa intendeva Gesù quando li invitava a guardare la trave che è nel loro occhio al posto di rompere le scatole ai fratelli guardando alle loro pagliuzze.

Iniziano così a dire che l'odio sarebbe "coraggio" in quel ricorso alla retorica di estrema destra che ama etichettare con quel termine ogni asserzione sia socialmente ripugnante:

Credo che purtroppo si debba riconoscere che questo è un atto di coraggio. Non dovrebbe esserlo, ma lo è. C’è da temere, infatti, che quel punto del catechismo – che pure non fa altro che ripetere ciò che la chiesa ha sempre ininterrottamente creduto e insegnato per due millenni, ritenendo di seguire l’insegnamento del suo Maestro – oggi una parte considerevole dell’episcopato e del clero, più o meno segretamente, lo aborra (ed è lecito il sospetto che in molti casi lo faccia pro domo sua), mentre è sicuro che un’altra parte ancor più ampia fa finta di ignorarlo e lo mette tra parentesi, come una cosa che sì, sarà anche vera, ma di cui è assolutamente inopportuno parlare.

Che la chiesa lo avrebbe detto "da millenni" è una sua idea, dato che fino all'800 la chiesa celebrava unioni gay ed anche nella catacombe i primi cristiani celebravano benedizioni per gli uomini che amavano altri uomini. Ed è così che iniziano a dire che la religione è odio e che il loro "cristianesimo" è istigazione all'odio:

Vigente la legge Zan, come il mio vescovo sa bene, la semplice enunciazione pubblica di quella parte del catechismo gli costerebbe, con un elevatissimo grado di probabilità, una denuncia penale, a cui seguirebbe immediatamente – per il necessario ossequio al feticcio della cosiddetta «obbligatorietà dell’azione penale» – l’apertura di un procedimento giudiziario. L’andamento e l’esito del quale dipenderebbero poi quasi totalmente dall’arbitrio dei magistrati a cui capitasse di occuparsene, ma coi tempi che corrono è sensato prevedere che si arriverebbe, sia pure con un minore grado di probabilità, al rinvio a giudizio. In giudizio poi, l’assoluzione sarebbe più probabile della condanna, ma dopo un lasso di tempo e un tale carico di fastidi e di “danni collaterali” che basterebbero a indurre qualunque “persona prudente” a non mettersi nei guai. I buoni argomenti non mancherebbero, ma di fatto si avrebbe una censura (un’autocensura) della parola di Dio. Un altro po’ di lampada sotto il moggio.

Insomma, oltre ad inventarsi le accuse si inventano pure le assoluzioni. Ma al di là dello sproloquio, chiaro è il loro sostenere che vogliono usare la religione come lasciapassare per istigare all'odio e insultare la natura.
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