Sara Reho insulta pure Drusilla Foer, schiumando contro chi vuole difendere i bambini dall'odio


Sara Reho, in qualità di esponente del partito omofobo di Mario Adinolfi, ha deciso di tornare ad attaccare il ddl Zan e a diffamare i suoi sostenitori attraverso una lunga lista di insulti diretti a Drusilla Foer, ossia al personaggio inventato dal bravissimo attore Gianluca Gori.
Forse ancora troppo giovane per aver capito come funziona il mondo (ma sufficientemente grande da doverne pagare le conseguenze penali), la ragazzina sembra non aver capito la differenza tra opinione e diffamazione, magari portata sulla cattiva strada da quel suo leader che va in giro a sostenere che anche i reati di dettato dall'odio dovrebbero rientrare nella definizione di "opinione". La realtà è che chiunque ha il diritto di esprimere la più profonda disistima nei suoi confronti, ma quella disistima va espressa con giri di parole che non risultino offese gratuite. In altre parole, la critica è lecita, l'insulto non lo è.
Ma lei, in virtù della sua tessera da esponente di un partito che promuove intolleranza, pretende di poter liberamente insultare interi gruppi sociali, appellandosi al fatto che la legge italiana non rende punibile la diffamazione qualora il soggetto diffamato non sia un soggetto legalmente identificabile. Per questo Adinolfi dice che i gay sono pedofili, dato che così non potrà essere denunciato perché il riferimento è considerato troppo vago. Ma se dicesse che quelli di Gayburg pubblicano immagini pedopornografiche, poi non potrà lamentarsi se verrà querelato, esattamente come anche Silvana De Mari dovrà rispondere di aver accostato alla pedofilia i soci del Mario Mielo di Roma.

Nel suo rancoroso messaggio, la signora Reho pare oltrepassare più volte la linea tra la lecita critica e la diffamazione aggravata, inventandosi parole che mette nella bocca altrui. Ed è così che scrive:



Forse Sara Reho non sa che in Italia esiste la libertà di opinione e che il suo voler attribuire ad altri le opinioni di un singolo ricorda la propaganda fascista. E se si legge l'intervista a Drusilla Foer, non troviamo scritto che «i promotori del ddl Zan vogliono» che «che la gente dia retta a tizio, anzi a tizia o tizi*/tizi@/tiziə, solo perché è vestito da donna ed è a favore della propaganda arcobaleno». Soprattutto perché definire «propaganda arcobaleno» la realtà della natura pare fondarsi sull'ideologia liberticida e anticristiana in cui partito suprematista di Adinolfi pare attingere dalla propaganda russa, spesso sperando di veicolare l'idea che sarebbe "per i bambini" che si debba promuovere disuguaglianza sociale intolleranza.
La signora Reho dichiara anche che i soliti «promotori del ddl Zan» vogliano «che ci sia qualcuno che su tutte le reti televisive faccia il lavaggio del cervello alla popolazione, naturalmente con parole semplici perché secondo loro chi la pensa diversamente è tonto; già perché chi non accetta le grandi cazzate che raccontano viene considerato "ignorante" e "stupido"». Anche qui la signora ha lavorato molto di fantasia, dato che ci vuole davvero molta, molta, molta malafede a interpretare in quella patetica chiave una frase che anche un bambino di quattro anni riuscirebbe a capire:

C’è del nervosismo intorno al concetto di “identità di genere”. "Sì, ma il vero problema è che il 70% delle persone faticano a capire. Allora, prima di tutto ci vorrebbe un omino che si mettesse lì, su una rete nazionale pubblica per dare fiducia nelle istituzioni, e spiegasse - come a un bambino di cinque anni - che cos’è l’identità di genere". Ci vuole provare lei? "Ognuno si veste come vuole, bacia chi vuole, si sente come vuole, è molto semplice. Dove nasce allora il problema? Dal fatto che ogni libertà presuppone una responsabilità, e più le libertà sono ampie, più c’è il rischio dell’inciampo su chi non ha le stesse consapevolezze. Provo a farla facile: è bellissimo fare il ciclismo, perché è uno sport che fa bene ai polmoni e allena i muscoli, ma bisogna stare attenti alle auto che passano accanto; e gli automobilisti devono stare attenti alla logica del ciclismo, e anche rispettare le tutine orrende che si mettono i ciclisti naturalmente. Ci vorrebbe una tale chiarezza su cos’è la discriminazione sul genere..."

Vedete i fantomatici «lavaggi del cervello» che la signora Reho giura esitano? Avete notato anche voi come un riferimento alla TV pubblica sia stata moltiplicata diventando «su tutte le reti» quasi lei si lagnasse che il suo Adibnolfi insulta le donne trans solo su Rete 4?
Davvero la signora Reho pensa che spiegare concetti che la gente non conosce sarebbe "indottrinamento" e non informazione? Ma dato che al peggio non esiste mai fine, la signora Reho piagnucola che lei si sente vittima di discriminazione e giura che nell'intervista avrebbe letto che i soliti «promotori del ddl Zan» chiedono che «che solo loro possono dire ciò che gli pare e come gli pare, mentre il resto delle persone deve stare attenta a quello che dice e, magari, pure a quello che pensa perché se gli scappasse di bocca una delle parole vietate o uno dei discorsi proibiti, finirebbe in galera».

Ora, c'è pure un riassunto nell'immaginetta: lei può pensare quel cazzo che vuole ma non deve insultare. Se lei urla in faccia alle donne trans che lei le disprezza e che lei non tollera possono esistere, non è un reato di pensiero, è violenza. Ma la signorina Reho preferisce sostenere che «In pratica vogliono fare propaganda, raccontare bugie e tacciare chi non sottostà ai diktat delle lobbies LGBT».
Se in Italiano le parole inglesi si usano al singolare e "lobbies" non si può sentire, è da vomito come inizia dire che il rispetto sarebbe un «diktat» e che la natura sarebbe «una bugia» in quanto a lei sgradita. Insomma, la solita indecenza, anche perché Drusilla Foer è stata molto chiara su quella che era la sua richiesta (che di certo non ha nulla a che veder con le stupidaggini scritte dalla signorina Reho):

Quindi la legge Zan? "La vedo soprattutto come un investimento a lungo termine. Posso dire qualche parolaccia?". Sì, poi io dovrò sistemare un po’. "Magari ci sarà sempre un padre di famiglia che pensa: quel finoc***o-quella tro*a-quel travestito di m.... Conta, però, che non lo dica. Conta ci sia una legge che obbliga, o consiglia, o ispira gli adulti, a fare attenzione al linguaggio che usano coi bambini e gli adolescenti nel momento in cui questi iniziano a percepire la sessualità e la fisicità. Io per prima, da piccola, mi sono sentita autorizzata ad avere dei pensieri perché venivano verbalizzati".

Se la signora Reho avesse letto quelle parole al posto di iniziare a starnazzare cose a caso, capirebbe che è la sua ideologia a fare del male ai bambini e forse si renderebbe conto che voler molestare i bambini non le rende onore.
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