Anita Bryant fu la peggior omofoba statunitense degli anni '70. Ora scopre di avere una nipote lesbica
Anita Bryant è una tra le più efferate e celebri omofobe d'America, praticamente una Pillon con la parrucca. Negli anni '70, condusse una feroce crociata politica contro i diritti dei gay. Quando nel 1977 venne approvata una legge contro la discriminazione basata sull'orientamento sessuale nella contea di Miami, fondò l'organizzazione “Save Our Children from homosexuality” per chiedere l'abrogazione di quell'ordinanza. Ed ovviamente, al pari di Pillon o di Adinolfi, diceva che lo stava facendo per i bambini.
Diceva che i gay erano «spazzatura umana» e giurava che «non possono riprodursi e così reclutano i bambini». Negando di essere omofoba, dichiarò che «io non odio gli omosessuali, ma come madre, devo proteggere i miei figli dalla loro influenza negativa». Ed è così che di fece testimonial della Proposition 6 californiana, una legge che avrebbe permesso di licenziare gli insegnanti dichiaratamente gay in base al loro orientamento sessuale. Fortunatamente la sua battaglia fu fallimentare.
Ora Robert Green, figlio di Anita, ha raccontato cos'è successo quando sua madre ha scoperto che la nipote era lesbica: «All'improvviso, i suoi occhi si sono spalancati, il suo sorriso si è aperto e ne è uscito il suono più strano: ‘Oh’. Invece di accettare Sarah così com'è, mia madre ha scelto di pregare, affinché Sarah si conformi all'idea di mia madre di ciò che Dio vuole che Sarah sia».
Quindi non lo faceva «per i bambini» come amava dire, ma lo faceva per sé stessa e per difendere i suoi pregiudizi. E se lei trova normale pregare contro la nipote, ora dovrà accettare che la ragazza non sposerà un uomo ma bensì una donna. Ma la ragazza non sa ancora se inviterà sua nonna alle nozze: «Penso che probabilmente alla fine la chiamerò e le chiederò se vuole venire, perché sinceramente non so come potrebbe reagire. Non so se si offenderebbe se non la invitassi».