Elezioni. Adinolfi si gioca la carta della sorella suicida, della figlia e del suo licenziamento da Avvenire


In vista delle elezioni,Mario Adinolfi ha deciso di riservare i suoi insulti quotidiani ad Avvenire. In un post pubblicato sulla sua pagina di auto-propaganda, pubblica una foto scattata a Roma il 5 ottobre 1996 in occasione del battesimo della figlia avuta con la sua prima moglie. Ed è così che Adionolfi si è da subito giocato la carta della religione sostenendo vche il battesimo sia il momento più significativo della nascita di un bambino. Ha anche tirato in mezzo la sorella morta suicida, affrettandoci a precisare che «esattamente un anno dopo, nella notte tra il 5 e il 6 ottobre 1997, Ielma si suicidò».

Inizia poi a dire che il suo licenziamento da Avvenire sarebbe stato ingiusto dato che lui si reputava un ottimo giornalista solo perché non andava in ferie e dunque meritava un contratto indipendente dalla valutazione qualitativa e non quantitativa dei suoi scritti:

Meno di un minuto dopo il flash, suonò il cellulare Sony dalla strana forma a siluro di cui m’ero invaghito in un negozio di tecnologia di via del Corso che oggi non esiste più (non esiste più neanche l’ospedale di via del Corso dove Livia è nata) e dall’altra parte del filo, anche se il filo non c’era, il direttore di Avvenire comunicava il mio licenziamento prendendo a pretesto una doppia intervista a Sergio Mattarella e Pierferdinando Casini che non volli firmare in maniera squilibrata (mi proponevano sigla a uno, firma estesa all’altro e mi parve una mancanza di rispetto, ma ripeto, fu tutto e solo un pretesto). Ora, dire licenziamento è errato perché ad Avvenire erano soliti sfruttare giovani dalla penna brillante senza riconoscere loro il regolare contratto. Ripeto sempre che preti e comunisti sono i padroni peggiori e lo ripeto a ragion veduta. Avevo trascorso gli ultimi 40 mesi della mia vita a scrivere tutti i giorni, vacanze di Natale e estive incluse, per il quotidiano cattolico: senza la “corta” (giornata di riposo settimanale oltre la domenica), senza le ferie, senza mai mettermi neanche in malattia, dodici ore al giorno in redazione. In attesa e con la speranza di ottenere finalmente l’agognato contratto, scrivendo anche tre articoli al giorno (verificare le collezioni del quotidiano dal 1993 al 1996, non c’è un numero senza la mia firma e gli altri pezzi me li facevano siglare con iniziali concordate).

Inizia così a dire che chi ha famiglia non deve rispondere del lavoro svolto, precisando che lui ha maledetto chi ha osato licenziarlo:

Drin drin. Rispondo con ancora addosso il sorriso della foto. Per strada. Ma ho appena battezzato Livia, direttore. Ha meno di un mese. Direttore, ho lavorato come un cane 40 mesi. E tutti i tuoi discorsi sulla famiglia? Gli inviti sul giornale a formarne una, precocemente? Direttore, tu una famiglia non ce l’hai, eh. Chissà perché. Verrà il giorno in cui la tempesta con cui cerchi di affogare me e la mia giovane famiglia, affogherà te e le tue ipocrisie. Clic. Anni dopo, così andò.

Per farla breve, Adinolfi cercava vendetta e dice di averla trovata il 28 agosto 2009, quando Vittorio Feltri, allora direttore de Il Giornale, punì Boffo per le sue critiche a Silvio Berlusconi pubblicando un certificato del casellario giudiziale da cui risulta una condanna di Boffo per molestie e un documento (presentato come un'informativa della polizia) che diffonde la voce sulla presunta omosessualità dello stesso Boffo. Questa voce, attribuita dal documento al Tribunale di Terni e come tale riproposta da Feltri, viene però smentita dal gip di Terni. La vicenda riferita da Feltri risale al 2002, quando Boffo venne denunciato da una donna per molestie telefoniche.

Adinolfi inizia così a frignate:

Mi sentii improvvisamente perso. Avevo appena compiuto 25 anni, ero stato estromesso dal quotidiano a cui dedicavo ogni minuto della mia giovane professionalità, non avevo nessuna rete di salvataggio e in più m’ero fatto la nomea di arrogante ingovernabile che non ho mai perso da allora.

Ed è qui che sorge un dubbio: non è che lo hanno licenziato perché "arrogante ingovernabile" come dice lo ritenessero tutti? È perché ogni suo discorso parte dalla premessa che lui avrebbe ragione nel dire che sono sempre gli altri a non comprendere il genio che lui si auto-atteibuisce?

Inizia così a dire che lui disprezza l'idea di lavorare come cameriere e che praticamente sarebbe colpa di sua sorella e di Boffo se lui ha divorziato:

Dopo un anno terribile fatto di umiliazioni e lavori tipo camerierato al McDonald, arriva la notte della morte di Ielma. La tragedia che dopo il versante economico, si prende quello fisico, con il sangue e le schegge di cranio conficcate nel selciato, i genitori devastati, lo stigma dei parenti della suicida. Troppo per restare in piedi. E fu terremoto. E fu tsunami. E il mio matrimonio non resse.

Inizia così a raccontare che tutto fa schifo, tranne quella sua figlia che lui ha instradato al gioco d'azzardo:

In mezzo a questo caos, in mezzo all’orrore, Livia. La bellezza cresciuta nella devastazione, il filo d’erba che spacca il cemento, il fiore spuntato nel letame. [...] Ogni anno un viaggio padre figlia in una città a scelta, prima tutta l’Europa fino al 21esimo compleanno a Las Vegas, finalmente maggiorenne per sedersi con me anche ai tavoli di poker del Nevada.

Ed è così che il 25° compleanno di sua figlia è diventata occasione per parlare di sé stesso, usandola sui social come parte della sua autocelebrazione da campagna elettorale.

E subito torna a dire che se Luxuria si dice amareggiata da un sindaco di destra che si allea fon Adinolfi, ciò dovrebbe rendere rilevante il suo poartitino:



Non e che quella sua figlioletta che parla tante lingue potrebbe spiegare a babbo che Lega e FdI saranno anche omogobi ma perlomeno propongono un programma mentre il suo partito campa unicamente sull'omofobia?
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