Adinolfi è incommentabile: «Per colpa del green pass, sono dovuto andare a Praga per fare colazione»


Mentre Salvini si rende ridicolo in Polonia, Mario Adinolfi pare volerlo emulare nel giurare che lui sia stato costretti con metodi coercitivi ad andare a Praga pur di entrare in un bar:



Il no-vax romano ribadisce che lui esige di poter beneficiare dei risultati ottenuti dagli altri a nome di quella esigua minoranza che si dice disposta a sacrificare la salute altrui in nome del proprio egoismo. Ed è al solito giornaletto filo-sovranista che affida una sua surreale lettera al Presidente Draghi:

Signor presidente del Consiglio, so bene che siamo tutti angosciati dai fatti bellici che sono in primo piano, ma sono qui a ricordarle la necessità di abolire subito l’infame green pass che sta togliendo lo stipendio a cinquecentomila italiani e è una pietra al collo della nostra economia. Vede, signor presidente, non essendo in possesso del super green pass rafforzato per fare colazione liberamente in un bar e concedermi qualche giorno di pausa in un albergo sono dovuto volare fino a Praga. Quello che avrei pagato al barista sotto casa (che per la mia assenza subisce una flessione di fatturato notevole) o a una delle splendide strutture ricettive nostrane, l’ho pagato all’estero. Questo per essere libero, come ogni altro concittadino europeo è in questo momento, visto che le incredibili vessazioni immaginate dal vostro governo sono ormai uniche in Europa. Signor presidente del Consiglio, come le ha chiesto con forza la nostra manifestazione di piazza di sabato 5 marzo, ora basta: cancelli tutti i vincoli che sono insensati, restituisca lavoro e stipendio ai lavoratori che ne sono stati privati da regole coercitive folli e punitive, ridia fiato ad un’economia che altrimenti parte con un braccio legato dietro alla schiena rispetto ai competitor europei. Stiamo accogliendo decine di migliaia di ucraini non vaccinati, giustamente. Non si facciano ancora una volta sentire gli italiani cittadini di serie B. Il green pass deve decadere con la fine dello stato d’emergenza pandemico fissato al 31 marzo. Andare oltre sarebbe una provocazione

Cosa ci sarebbe di «infame» in un certificato vaccinale che ha salvato migliaia di vite lo sa solo lui. E se è verosimile che il suo barista abbia visto un tracollo degli affari da quando Adinolfi non trangugia più chili dii cibo alla faccia dei bimbi che muoiono di fare (quando si candidò alla segreteria del Pd, giurò sul suo onore che lui non avesse alcuna disfunzione e che lui fosse ingrassato solo perché gli piaceva mangiare più del necessario), non pare verosimile che lui sia andato in un Paese povero a godersi vacanze a basso sosto solo perché voleva andare in un Bar del Paese in cui il suo amico Toni Brandi di Provita Onlus offriva sconti sulle prostitute di Praga agli studenti.
Ma è forse rincorrendo un elettorato sempre più neofascista che Adinolfi starnazza che la tutela della vita sarebbe una cosa «insensta» o che le persone oneste dovrebbero regalare soldi a chi non si è vaccinato per ringraziali di aver alimentato la pandemia e di aver fatto morire degli innocenti. Ed è emulando i peggiori fascisti che Adinolfi ha da ridire sullo stato vaccinale dei rifugiati ucraini, ritenendo di potersi paragonare a chi viene bombardato dal suo amico Putin.
Ovviamente dice che va vietata la tutela della salute pubblica perché lo ha detto lui alla sua manifestazioncina no-vax a cui hanno partecipato solo poche decine di persone, ribadendo che lui è per imporre le pretese di una minoranza contro le ragioni di una maggioranza che non ha voglia di morire solo perché Adinolfi spera di fare soldi negando un vaccino alle sue figlie.
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