Crotone. La Procura indaga sulla messa che non è piaciuta alle lobby anti-gay


In un'Italia che Pillon vorrebbe riportare nel Medioevo, nessuno fiata mentre il senatore leghista pubblica messaggi quotidiani contro i gay o mentre Salvini riempie di Madonne e santini il set televisivo della sua propaganda elettorale.
Ma è su mandato della curia di Cremona che la Digos sta indagando le femministe che hanno manifestato a sostegno del diritto di scelta delle donne ed è su richiesta della curia di Crotone che la Digos sta indagando anche don Mattia Bernasconi, prete della parrocchia San Luigi Gonzaga di Milano, per aver celebrato una messa in mare a conclusione di un campo di volontariato di Libera.
la Procura lo avrebbe iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di offesa alla confessione religiosa. E così, anziché occuparsi dei mafiosi, la Procura di Crotone ha ritenuto che la priorità fosse quella di mettere sotto accusa un prete che ha officiato la messa domenicale in mare.

Dietro alle polemiche troviamo i soliti siti filo-leghisti e l'immancabile lobby di Riccardo Cascioli, da anni impegnata nella promozione dell'omofobia e dei partiti di estrema destra. Dall'alto del loro farsi promotore delle blasfeme processioni anti-gay organizzate dai gruppi neonazisti, scrivono:



Nel loro articolo, tale Stefano Chiappalone sostiene che si debba vietare di poter dire messa senza una chiesa adorna d'oro ed oggetti di valore, invocando il diritto canonico contro chi pensa che la preghiera non abbia bisogno di ricchezze e lusso. Senza risparmiarsi da insulti e tirando in ballo persino l'Olocausto, scrive:

«La celebrazione eucaristica venga compiuta nel luogo sacro [cioè, in chiesa], a meno che in un caso particolare la necessità non richieda altro; nel qual caso la celebrazione deve essere compiuta in un luogo decoroso» (Can. 932 §1). Ci sarebbe da dire sia sul luogo «decoroso» (che dovrebbe significare anche: adatto all’azione sacra), sia sulla «necessità»: possibile che non ci siano chiese a Crotone? Immaginiamo che non fossero raggiungibili facilmente dall’allegra brigata costringendola a “improvvisare”... però «il sacrificio eucaristico si deve compiere sopra un altare dedicato o benedetto; fuori del luogo sacro può essere usato un tavolo adatto, purché sempre ricoperto di una tovaglia e del corporale» (ivi, §2). Almeno un tavolo, non un materassino! E perché in mezzo all’acqua invece che sulla riva, non avranno mica naufragato? La mobilità dell’altare “aquatico” non avrà forse favorito la dispersione di frammenti? E come sarà andata per la comunione? La sacra particola avrà cominciato a sciogliersi sulle mani probabilmente bagnate… Senza contare la possibilità che un’onda anomala travolgesse l’anomalo altare con tutto il Corpo e Sangue.
Se in contesti drammatici sacerdoti e fedeli sono stati costretti a celebrare con mezzi di fortuna, qui non siamo in un campo di concentramento, né in guerra, per cui l’unica «necessità» ipotizzabile è l’insopprimibile smania di protagonismo che da decenni spinge il clero a escogitare infinite variazioni di quella lex orandi che dicono sia e debba essere unica, ma invece si rivela di fatto una, nessuna, centomila.
La “Missa aquatica” di Crotone è la vetta (o l'abisso?) di una liturgia concepita come campo di battaglia in cui “vince” chi la inventa più grossa, annegando – è il caso di dirlo – l’unico vero Protagonista.

Tanto basta a comprendere la svilente ideologia di quei falsi cristiani che preferiscono l'apparenza alla sostanza. Ed è in quell'articolo che ne chiedevano l'arresto di chi dice messa per i bambini a nome dei sacerdoti che hanno violato le norme sanitarie durante la pandemia:

Qualunque sia l’ambito, nell’esercizio delle proprie funzioni ciascuno tende a presentarsi in modo professionale. Ne va della serietà di ciò che sta compiendo. Non dovrebbe valere, a maggior ragione, per chi compie la più elevata delle funzioni, la più sacra delle azioni? A meno di non ridurre la Messa a un gioco di società... Il tutto con un sottinteso senso di “impunità”, sapendo di poter stravolgere il mistero affidato loro, ben sapendo di non rischiare nulla (curioso paradosso, dopo un campo sulla “legalità”: vale solo per le norme civili, mentre il Corpo di Cristo si può manipolare a piacimento?). Di certo il comunicato della diocesi di Crotone («è necessario mantenere quel minimo di decoro e di attenzione ai simboli richiesti dalla natura stesse delle celebrazioni liturgiche») non basterà a dissuadere il don Mattia di turno dal presentare il proprio numero sulla scena del cabaret liturgico, mentre gli unici a subire sanzioni concrete sono quei sacerdoti che celebrano con pietà e riverenza secondo un rito usato per secoli nella Chiesa.

Immancabile è la loro strumentalizzazione politica della religione, con le loro solite lodi ai preti no-vax che hanno messo a repentaglio la vita altrui attraverso una sistematica violazione della legge. Ed è sempre sbraitando che ad importare sarebbero la ricchezza dei paramenti e non la bontà delle proprie opere che conclusdono:

La Messa di don Mattia è in realtà l'epifania della “pastorale della spoliazione”, che credeva di togliere orpelli e ha finito per perdere di vista la sostanza. Pur di “avvicinare” la gente (che non si è avvicinata affatto) alcuni chierici hanno iniziato spogliando gli altari. Poi hanno ridotto i paramenti, limitandosi a camice e stola, talvolta soltanto la stola. Infine, sono rimasti in mutande, pardon, in costume. Sarà stato, almeno quello, del colore liturgico giusto?

Ma quanto deve essere immatura la presunta "fede" di chi guarda ai paramenti e alla ricchezza degli arredi ostentati ai poveri? E davvero non sanno che Gesù in persona ha chiarito che ad importare è solo che un gruppo di persone si riunisce nel suo nome?
Ed è preoccupante l'estrema violenza di questi individuo che hanno iniziato a dire che loro pretendono di imporre chi si debba amare, che loro esigono di poter decidere quanto debbano soffrire i malati e che ora hanno da ridire persino su come si dica la messa.
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