La NuovaBQ all'attacco dell'incontro con il direttore di Avvenire al Padova Village


Andrea Zambrano è uno tra i più efferati omofobi della lobby di Riccardo Cascioli, nonché autore di un articolo in cui tenta di sostenere che non possa essere "cristiano" chi non istiga alla discriminazione e chi osa pensare che Dio non sia malvagio come lui ama dipingerlo. Sostenendo che i crimini d'odio siano un diritto dei fascisti, che Pillon abbia deciso che i gay sarebbero "blasfemi" perché non festeggiano i bambini morti nel Mediterraneo e tutta un'altra serie di sciocchezze ideate dalla propaganda di estrema destra, scrive:

Due anni fa era saltato dopo un articolo della Bussola, quest'anno l'incontro tra Zan e Moia di Avvenire si farà. Il giornalista del quotidiano dei vescovi ormai testimonial della causa cattogay sarà accolto con tutti i crismi dal Padova Village, la festa gay dell'estate ideata proprio dal deputato firmatario della legge bavaglio. Intanto le blasfemie dei pride continuano. Ai vescovi sta bene?

Se Zambrano ha rotto le scatole con quel suo lanciare patetiche accuse di "blasfemia" come strumento per incitare odio contro i gay, il fondamentalista non si astiene neppure dall'offrire la sua falsa testimonianza nel fare confusione tra i Pride e il Padova Village come se si trattasse della stessa cosa. Ed è sostenendo che i vescovi dovrebbero promuovere odio omofobico come i suoi amichetti russi impegnati in stupri minorili, scrive:

Avvenire sbarca al Gay pride, stavolta è la volta buona. Due anni fa l’annunciato evento era stato rimandato all’ultimo a causa di un puntuale e studiato imprevisto famigliare di Luciano Moia, ma eravamo stati facili profeti. Quest’anno infatti sembra essere tutto pronto per lo sbarco da protagonista del quotidiano dei vescovi al Padova Pride Village.

Se il suo pretendere un divieto al confronto appare come un atto nazista che ben chiarisce il tipo di regime che quelle sette vorrebbero imporci, è con i suoi soliti toni diffamatori e con la sua propensione all'insulto che prosegue:

Si sa che i libri si presentano dove si è invitati e dove si pensa si possa trovare il pubblico giusto ad acquistarli e il Padova Pride Village è praticamente il Meeting di Rimini della causa gay, la Festa dell’Unità dell’orgoglio omosessualista, la Woodstock della libertà gaia quindi quale miglior location per la presentazione e la vendita del libro che parla di transessuali e affini senza pretendere nemmeno di suscitare un po’ di dibattito?

Torna così a diffamare i partecipanti ai Pride, giurando che sarebbero tutti blasfemi:

A proposito di cattolici. Mentre Moia farà la sua performance si tacerà sicuramente delle decine e decine di blasfemie che si stanno compiendo nel corso di questa estate nei vari pride sparsi per il Paese: crocifissi, Madonne, Santi, caricature del Papa: tutto nei pride è oscenamente e volutamente irriso e vilipeso. Dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che i Gay Pride non sono altro che un immenso festival del sacrilegio anticristiano e anche la città del Santo deve purtroppo registrarne alcuni. Curioso che proprio i vescovi non lo sappiano, anzi, non vedano l’ora di farne parte come dimostra la presenza di Moia come inviato speciale in vista di nuove ed entusiasmanti ospitate di vescovi che – vedrete – nei prossimi anni non tarderanno.

Passa così a insultare Lella costa, stornando poi a inventarsi che lui è convinto che Dio non serva a nulla se non lo si usa per istigare odio e legittimare i gruppi neonazisti:

Al pride ci sarà anche Lella Costa, di professione comica, ma da poco anche testimonial della “Chiesa” valdese per l’8 per mille. La militanza gay ha bisogno di testimonial, di uomini e donne utili alla causa. Lella Costa è una di questi, Moia aspira a diventarlo, ma in nome di chi? Dei cattolici? Dei vescovi? Nessuno che alzi la mano e dica non in mio nome?
Il fatto è che i pride, anticristiani lo sono visceralmente e naturalmente, per costituzione, per mission perché la dottrina cristiana è ancora l’ultimo baluardo rimasto a difesa della natura e della dignità dell’uomo contro la dittatura dell’omosessualismo, contro la gendercrazia, contro la lesbomania normalizzante. Vescovi italiani permettendo, i quali, in quanto editori, è strano che non si alzino in piedi per impedire che il loro buon nome venga utilizzato per una causa che non è altro che una tappa – l’ennesima – della marcia di avvicinamento alla rivoluzione cattogay dentro le strutture ecclesiastiche.

Insomma, siamo davanti a persone per cui l'odio pare una ragione di vita. Chissà quale ferita nell'anima li abbi aresi degli estremisti che non esitano a bestemmiare il nome di Dio a fini di incitamento alla discriminazione.
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