Elena Donazzan attacca la carriera alias. Evidentemente non ha imparato nulla dal suicidio di Cloé

Elena Donazzan e Giorgia Meloni
Rimasta vergognosamente assessora all’istruzione di Regione Veneto nonostante le sue evidenti responsabilità nel caso Cloe Bianco, la signora Elena Donazzan è tornata a chiedere la sistematica discriminazione delle persone trans. E c'è solo di sperare che anche questa volta non ci scappi il morto, dato che l'ultima donna che lei ha chiamato «un signore vestito da donna» è morta carbonizzata dopo che lei l'aveva fatta licenziare.
In particolare, la signora Donazzan intende impedire al liceo artistico di Treviso di poter diventare la prima scuola del trevigiano ad approvare, con passaggio obbligato in consiglio di istituto, un regolamento per gli studenti transgender che introduca la cosiddetta "carriera alias". Si tratta di una norma che permetterebbe , agli studenti trans di poter cambiare nome e genere a scuola prima di un eventuale compimento del percorso giuridico relativo al cambiamento ufficiale di sesso.
Secondo la signora Donazzan di Fratelli d'Italia, quella forma di rispetto «è una cosa fuori dal mondo. La carriera alias è un errore ideologico. Una forzatura. I ragazzi nella fase adolescenziale sono pieni di dubbi. La forza di un educatore e di un modello educativo è quella di accompagnarli fuori da questi dubbi. Non di favorirli. E oltre ad accompagnare nella crescita, la scuola deve accompagnare anche nel rispetto delle regole».
Peccato sia folle sostenere che la transessualità sarebbe "confusione" come ama sostenere il suo amico Jacopo Coghe a nome dell'organizzazione forzanovista Provita Onlus, come appare un voler strizzare l'occhio alle fantomatiche terapie riparative che hanno spinto al suicidio tanti ragazzi il suo sostener che la scuola dovrebbe spingere gli studenti verso l'eterosessualità.
Le prime vittime dell'assessora saranno i tre studenti dell'istituto interessati a chiederne l’attivazione della carriera alias. Ma è ricorrendo al più becero populismo che l'assessora gli ha urlato in faccia: «Nella fase adolescenziale, nella piena esplosione di sé, si deve anche avere a che fare con la serietà delle regole. Quando vado a scuola sono Elena Donazzan e ho 50 anni. Non posso dire di chiamarmi Mario Conte e di averne 18. Non è possibile. Se espressa fino in fondo, questa posizione molto ideologica porta solo a uno scontro senza senso, anche di tipo istituzionale».
Anche in questo caso l'esempio pare delirante, dato che è evidente che l'attempata assessora non sia una diciottenne, ma non esiste nesso alcuno con il fatto che l'identità sessuale non è un qualcosa che si decide a tavolino ma un qualcosa che viene semplicemente riconosciuta.
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