Il giustizialismo televisivo delle Iene ha spinto al suicidio un'altra persona


Da circa due decenni, Le Iene propongono una caricatura di "giornalismo" profondamente incentrata sulla spettacolarizzazione e sul giustizialismo. Loro decidono chi è il cattivo e lo mettono alla gogna, rincorrendo le persone per strada o dichiarando fatti che poi vengono smentiti dalle questure pur restano impressi nell'opinione pubblica.
Ad esempio furono gravissime le conseguenze dei servizi in cui Matteo Viviani fece disinformazione sul "Blue Whale" montando immagini di finti suicidi di adolescenti. E non andò meglio quando nel 2017 riuscirono a fermar ei progetti antidiscriminazione dell'Unar attraverso un servizio in cui vennero mosse gravissime accuse poi smontate dai giudici. Eppure ancor oggi c'è chi cita quelle false accuse che già ai tempi vennero falsamente rivendicato da Mario Adinolfi e usate da Provita Onlus per avanzare addirittura accuse di finanziamento alla prostituzione minorile e ad ottenere il licenziamento del direttore che fi vittima di calunnia.
Questa volta c'è anche scappato il morto. O meglio, il secondo morto dato che già nel 2010 un prete si gettato sotto un treno a seguito di un servizio di Viviani in cui un attore lo aveva trascinato in una trappola per dimostrare che adescasse ragazzini. Ora, a dieci anni di distanza, un altro uomo si è suicidato a seguito di un servizio confezionato da Matteo Viviani.

Tutto ha avuto inizio con una brutta storia di catfishing, ossia la creazione di un’identità digitale falsa che spesso serve ad intraprendere rapporti sentimentali sui social. Se ne occupava anche una trasmissione di MTV che, con molta sensibilità, organizzava incontri in casi ritenuti sospetti. C'è chi si fingeva n altro perché non accettava il proprio corpo o chi lo faceva perché in certi ambienti non era facile poter essere sé stessi se si aveva un certo orientamento sessuale o unna certa identità di genere.
Le Iene non hanno avuto questa sensibilità. Anzi, sono andati a prendere un caso molto delicato. Il sessantaquattrenne Roberto fingeva di essere un’avvenente ragazza di nome Irene e aveva adescato Daniele, con cui aveva avuto una relazione virtuale per circa un anno. Lui, che mai aveva avuto un rapporto sessuale o una storia d'amore, si suicidò quando scoprì l'inganno. Ne era seguito un processo, il sessantaquattrenne era stato condannato a una multa per sostituzione di persona ma non era stato ritenuto colpevole del suicidio del ragazzo.
A Matteo Viviani non è andato bene e ha deciso di emettere quella che si è poi rivelata una condanna a morte. Così ha confezionato un servizio di 22 minuti atta ad attuare la sua sentenza contro un uomo che aveva già scontato tutte le sue pendenze con la giustizia.

Viviani ha organizzato l’agguato. Ha inseguito l'uomo per le stradine di Forlimpopoli, un paesello di 13.000 abitanti. E non ha avuto nessuna pietà davanti ad un uomo che spingeva sua madre in carrozzina o nel vedere la donna che urlava disperata chiedendo aiuto. Anzi, le ha ucciso il figlio e le ha tolto chi le dava assistenza.
Per tutto il tempo Viviano ha urlato frasi come: «Perché lo hai fatto?», «Quale era il tuo scopo?». Si è anche messo leggere messaggi sessualmente espliciti, nonostante quei messaggi non avessero alcuna utilità ai fini della ricostruzione giornalistica ma servivano solo ad alimentare il senso di vergogna.
Le telecamere hanno reso riconoscibile l'uomo e hanno mostrato dove abitasse. E per aggiungere vergogna trovano pure una "psicanalista" di nome Giuliana Barberi che, senza mai aver parlato con l'uomo, emette diagnosi azzardate parlando di sadismo. Viviani rincara la dose, decidendo che l'essersi inventato finti amici e parenti sarebbe un’aggravante, anche se è un elemento tipico in questi fenomeni. L'unico punto che a loro non è interessato è il domandarsi che vita potesse condurre un anziano che si prende cura di una madre disabile e che per parlare con un uomo doveva fingersi donna.
Roberto non ha retto ai messaggi d'odio che il servizio di Matteo Viviani aveva innescato contro di lui. Davanti a minacce e insulti, si è tolto la vita e ha ingoiato un mix di farmaci. Chissà se Matteo Viviani sarà soddisfatto di quanto ha ottenuto.
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