Adinolfi insulta i leader delle sinistre mondiali, eccitato dai suoi Orban, Trump, Putin e Salvini


Come uno sciacallo, Mario Adinolfi ha cercato di usare l'arresto di un deputato peruviano per sostenere che i leader di sinistra facciano schifo. Mica come quel suo amato Trump che fa morire i bambini messicani nel Rio Grande, quel suo venerato Putin che fa stuprare bambine di quattro anni, quel suo Orban che è omofobo e razzista, quel suo Salvini che sequestra esseri umani o quella sua Giorgia Meloni che premia gli evasori fiscali mentre sbraita contro un fantomatico "gender" che ammette di non sapere manco cosa sia.
E dato che Adinolfi pare essere incapace di comprendere una semplice notizia letta sui giornali, dice sciocchezze. Perché Castillo lo hanno arrestato per sedizione e corruzione, mentre quell'"incapacità morale" che lui sostiene sia alla base dell'arresto è stata la base per il voto di sfiducia che ne ha determinato la destituzione.

Mostrandosi come il giornalista che manco sa leggere le notizie, scrive:



Proponendosi ormai apertamente come un soggetto vicino all'estrema destra, è curioso vedere come si diverta ad insultare una sinistra che è stata alla base di gran parte della sua storia. Infatti Mario Adinolfi ha dapprima militato nella Democrazia Cristiana e poi, nel 2001, fondò il movimento Democrazia Diretta e si candidò a sindaco di Roma alle elezioni amministrative del 13 maggio 2001 ottenendo lo 0,1% dei consensi ed appoggiando al secondo turno l'elezione a primo cittadino di Walter Veltroni. Sempre Democrazia Diretta, nel 2005 sostenne Piero Marrazzo prima di essere costretto a scogliere il partito per assenza di elettori.
Nel 2006 fondò l'associazione per il Partito Democratico "Generazione U", animata da alcuni blogger under 40 di centrosinistra. Il 18 luglio 2007 si candidò alla guida del Partito Democratico, ma ottenne solo lo 0,17% dei consensi. Nonostante nessuno lo avesse votato, entrò di diritto nell'assemblea costituente del partito. Lui ne approfittò per prendersi una poltrona da membro della direzione nazionale del PD e come vicedirettore di RED TV, sino a quando fondò The Week nel 2010, settimanale specializzato sulla promozione del poker tra i giovani che venne poi chiuso per assenza di lettori.
Alle elezioni politiche del 2008, si candidò alla Camera con il Partito Democratico nella circoscrizione Lazio 1. Il 25 giugno 2009 si candidò nuovamente alla segreteria nazionale del PD. Il 13 giugno 2012 diventò deputato del Pd subentrando a Pietro Tidei, dimissionario in quanto eletto sindaco di Civitavecchia.
Nel luglio 2011 si favore della pregiudiziale di costituzionalità sollevata in Parlamento contro la proposta di legge di introdurre l'omofobia come aggravante per i crimini d'odio, commentando di voler aggiungere inoltre una norma contro la "ciccionofobia". Decidendo di fatturare sull'omofobi, il 28 settembre 2011 lasciò il Partito Democratico. Nell'ottobre del 2012 si candidò alle primarie del centrosinistra indette per eleggere il candidato Sindaco di Roma, ma l'11 dicembre ritirò la candidatura per assenza di sostenitori. Appoggiò Matteo Renzi nella candidatura come segretario alle elezioni primarie del centrosinistra. Alla vigilia delle elezioni politiche del febbraio 2013, decise di sostenere Mario Monti alla Camera e M5S al Senato.
Nel 2017 dichiarò che si sarebbe candidato a sindaco di Ventotene, ponendo come primo punto del suo programma la costruzione di una "nuova Europa cristiana", ma successivamente non si presentò con nessuna lista. Lo rifece poi alle elezioni amministrative del 2022, ottenendo zero voti.
L'11 marzo 2016 fondò il Popolo ella Famiglia, proponendolo come un partito fondato sull'omofobia che lo ha visto cercare la collaborazione dell'ex segretario i Casa Pound e di altri soggetti legati al mondo neofascista e neonazista.
Nelle ultime settimana ha persino sostenuto che il Qatar rappresenti un esempio da cui trarre ispirazione, evidentemente eccitato dalle loro leggi basate sulla sharia.
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