Sciopero generale. Salvini insulta i manifestanti
Matteo Salvini ha deciso di insultare i manifestanti, accusandoli di non entrare nel merito delle questioni che contestano, ossia la mancata abolizione della Fornero, la mancata abolizione delle accise, il mancato rinnovo di "opzione donne", l'aumento delle tasse, l'aumento dei prezzi e tutto il resto del corollario. Ed è un po' buffo che ad accusare di non essere stati specifici nelle accuse sia quel tale che usa fantomatico "gender" e improbabili "invasioni" come distrazione dai veri problemi.
Davanti ad un'adesione che ha superato il 70%, lui sostiene fossero quattro gatti. Feccato che la sua tesi renderebbe ancora più grave la precettazione con cui lui ha obbligati i lavoratori del trasporto pubblico a vedersi privato dal diritto allo scipero:
Il fatto che Salvini accusi il popolo di avere pregiudizi verso il suo governo pare surrelae, dato che è quella gente che avrebbe dovuto votarlo. Ed è surreale che is vanta che chi rischiava multe salatissime in caso di sciopero non abbia scioperato. Ma forse, al posto di offendere onesti cittadini, dovrebbe chiedersi perché migliaia di lavoratori abbiano rinunciato alla paga di un giorno per manifestare contro il suo Governo.
E così, ne suo mondo all'incontrario, lui definisce "successo" i quattro gatti che hanno partecipato alla sua manifestazione anti-Islam e definisce un insuccesso manifestazioni molto più partecipate. E magari qualche leghista gli crederà pure.
Nel 2015, Salvini prometteva "tre giorni di blocco totale contro il Governo", dicendo che lui voleva fermare l'Italia "negli uffici, negli ospedali, nelle scuole". Diceva di voler danneggiare il Paese senza regole, senza servizi essenziali e senza alcun garante. Ma oggi precetta uno sciopero del tutto legittimo asserendo che al suo governo non sta bene si possa scioperare contro di loro:
Se è pur vero che sarebbe assurdo chiedere un briciolo di buonsenso ai leghisti, pare abbastanza evidente che qualcosa non torni e che il padano abbia idee molto contrastanti tra quello che dice sia lecito fare contro cli altri e ciò che vuole vietare possa essere fatto per esprimere dissenso verso il suo operato.