Tuiach assolto in appello: insultare i gay picchiati dai fascisti è "parodia"

Grazie agli avvocati che gli sono stati pagati da Fratelli d'Italia, Fabio Tuiach è stato assolto con formula piena in appello per aver deriso un attivista gay picchiato da un gruppo di fascisti.
L'ex consigliere leghista commentò il brutale pestaggio dell’attivista Antonio Parisi scrivendo sui social russi: "Un esponente LGBT è stato picchiato e scoppia il caso omofobia a Trieste, siamo in campagna elettorale e succede ogni volta ma forse ha litigato con il fidanzato per la vasellina". In altri messaggi si inventò anche false accuse di pedofilia. Frasi che in primo grado gli costarono la condanna ad pena di due anni di carcere.
A quel punto Fratelli d’Italia si è offerta di pagargli le spese legali e l'avvocato Nicola Trisciuoglio (che già difese i fascisti che assaltarono la Cgil di Roma) ha ottenuto che quegli insulti fossero ritenuti fantomatica "parodia".
Il difensore di Tuiach ha infatti sostenuto che:
Un’affermazione quella di Tuiach non costituente diffamazione ma parodia di fatti e atti di “scarpettiana” memoria. Infatti nella discussione sostenuta si è fatto espresso riferimento al diritto di parodia che non è diffamazione o contraffazione della realtà sancito da sentenza di inizio secolo allorquando Edoardo Scarpetta fu messo sotto processo per plagio dell’opera “La figlia di Iorio” di D’Annunzio. La sentenza affermò che era legittimo ridicolizzare fatti ed eventi… la qual cosa ha fatto Tuiach commentando un episodio della vita reale di un soggetto dei gruppi LGBT.
Tuiach festeggiato la sentenza dichiarando: «Sono felice perché prendere due anni di carcere per aver detto un’ovvietà, è assurdo. Per me è una liberazione, ero con il rosario in mano durante la sentenza».
Pensare che quella sentenza sia stata pronunciata a nome del popolo italiano è a dir poco aberrante. Anche perché Tuiach si vantò pubblicamente di come lui raccattasse molti soldi denunciando quanti rispondevano a tono alle sue provocazioni. ma il partito della Meloni non ha offerto avvocati gratuiti a chi era vittima delle due querele, preferendo sponsorizzare solo chi rivendicava un presunto "diritto" di poter diffamare interi gruppi sociali.