Rigettato il ricorso della maestra di Oristano che costringeva i bambini a pregare in classe. Il Tribunale del lavoro: «Giusto sospenderla»


Marisa Francescangeli era diventata l'eroina di Pillon e di Povita Onlus perché usava il suo ruolo da insegnante per costringere gli alunni a recitare preghiere e costruire rosari drante le ore di lezione.
La sua condotta le era costata una sospensione di 20 giorni e una riduzione dello stipendio. Lei si era appellata, ma il tribunale del lavoro le ha dato torto, ritenendo che le attività svolte in classe dalla maestra durante l’anno scolastico 2022-2023, non costituivano “espressione della libertà di insegnamento, bensì una violazione dei suoi doveri di docente di una scuola pubblica statale e dei principi che la scuola stessa deve assicurare e garantire, fra cui quello, fondamentale, di laicità dello Stato, oltre ad avere interferito con il diritto dovere dei genitori garantito dalla nostra Costituzione (art. 30) di educare i figli, anche da un punto di vista religioso”.

Ai tempi, la docente ottenne il pieno supporto delle organizzazioni forzanoviste e dei gruppi evangelici, i quali sostennero fosse giusto trasformare le scuole italiane in campi di indottrinamento religioso.
I giudici, a nome del popolo italiano, le hanno dato torto.
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