Querelò il diritto di espressione: i giudici archiviano la denuncia presentata dal dirigente di Fratelli d'Italia contro Gayburg
Il tribunale di Vicenza ha deciso l'archiviazione della querela per diffamazione sporta da Umberto La Morgia di Fratelli d'Italia nei confronti di Gayburg, riconoscendo che il politico avrebbe denunciato libere manifestazioni del pensiero.
Durante la sua militanza leghista, Umberto La Morgia ottenne una certa visibilità sui quotidiani di Belpietro e di Angelucci in concomitanza con la discussione del ddl Zan, quando si proponeva come il gay di destra che si diceva contrario alla legge perché temeva avrebbe limitato il diritto di espressione degli omofobi. Nel 2019, arrivò addirittura a dichiararsi «vittima di una persecuzione ad opera della Gaystapo» dalle pagine del sito dell'organizzazione forzanovista Provita Onlus.
Presentandosi nelle vesti di "dirigente di Fratelli d'Italia", è nella sua denuncia che La Morgia ha sostenuto di essere "bersaglio sistematico e continuo della diffamazione da parte di un gruppo di persone che scrivono per la pseudo testata Gayburg" e ci accusava di voler "infangare" la sua reputazione e di scrivere "allusioni aberranti e deliranti".
Dichiarava anche di essersi rivolto al presidente dei Giuristi per la Vita, ossia a quell'avvocato Gianfranco Amato che andava in giro per l'Italia insieme a Povia a organizzare convegni sulla fantomatica "ideologia gender":
Quest'ultimo mi ha spiegato che loro conoscono bene queste persone di Gayburg e che prendono costantemente di mira personalità cattoliche, di destra o del mondo pro-life e che hanno stabilito la loro sede legale alle Cayman o qualcosa del genere in maniera tale da non essere soggetti a censure oltre che ad evitare di essere identificati.
Ovviamente non abbiamo alcuna sede legale alle Cayman e i fatti dimostrano che la polizia ha semplicemente dovuto telefonarci per identificarci, ma è interessante che quel signore che andava in giro a sostenere che l'omofobia fosse "libertà di espressione" si lamenti perché qualcuno non viene reso soggetto a "censure".
Nella querela, seguiva un elenco di tutti gli articoli in cui La Morgia veniva citato, asserendo che fossero tutti da ritenere diffamatori nonostante non venisse fornito neanche un solo esempio di cosa ci sarebbe stato di offensivo in quelle opinioni (sempre ammesso che il politico di Fratelli d'Italia non ritenga diffamatorio il dissenso e l'espressione di opinioni divergenti dalle sue).
Una prima giudice ha rigettato la sua richiesta, osservando che "tenuto conto che, le espressioni utilizzate sul blog e sui social ad esso collegati, nei quali è fisiologico chi si scontrino critiche/osservazioni, non assumono rilievo penale se non travalicano certi limiti. Nel caso di specie, pur se aspre, le formulazioni rientrano nell'esercizio del diritto di espressione del proprio pensiero; visto l'art. 408 c.p.p".
La Morgia si è opposto alla decisione, ed un secondo giudice ha rilevato che "solo alcuni tra gli articoli oggetto di querela potrebbero astrattamente assumere valenza diffamatoria, rientrando molte tra le affermazioni ivi contenute nell'ambito della scriminante del diritto di critica che, nel contesto politico al quale l'oggetto degli scritti devono evidentemente ricondursi, deve essere riconosciuta con parametri nettamente più ampi rispetto agli altri settori della manifestazione del pensiero". Per questo si ritentava "labile la possibilità di promovimento dell'azione penale con ragionevoli probabilità di condanna e, pertanto, impongono l'archiviazione del procedimento".
Insomma, La Morgia avrebbe denunciato le idee. E se è vero che la liceità di quelle opinioni è stata ravvisata da ben due giudici diversi, è altresì vero che il sistema giudiziario italiano preveda che i costi della difesa siano a carico dell'accusato. In altre parole, abbiamo dovuto sborsare ingenti quantitativi di denaro in spese legali per sentirci dire che non avevamo fatto nulla di illecito.
E questo è probabilmente il fatto più grave. Perché se in Italia esistesse per davvero un vero diritto di espressione, a chi lo esercita non dovrebbe essere chiesto alcun esborso economico nell'esercizio di quel diritto. Ma se ciò non avviene e se chi esercita un diritto di espressione rischia di doverlo pagare con i suoi soldi, ci pare evidente che i ricchi politici potrebbero tranquillamente usare le querele con fini intimidatori dato che il sistema giudiziario li agevola nel causare danno a chi sta esercitando i propri diritti.
Ad esempio anche Salvini ci ha querelati. Ma secondo voi, le possibilità economiche di Salvini possono essere ritenute comparabili con quelle dei cittadini che il ministro denuncia. Oppure è presumibile che per lui i costo di quelle querele siano briciole mentre che per molti denunciati si tratti di cifre significative che li potrebbero mettere in crisi?
Ad oggi, tutte le querele sporte da leghisti e politici di destra sono state archiviate. Eppure ci troviamo a dover valutare se potremo continuare a esprimere le nostre opinione a fronte degli esborsi che ci vengono chiesti per l'esercizio della nostra libertà di opinione.