Ci spiace per Carollo, ma limitare la vita altrui non significa essere "per la vita"

Il pastore evangelico Luigi Carollo sostiene che le donne andrebbero costrette con la forza ad ubbidirgli e a subire il suo volere sui loro corpi perché lui sarebbe "per la vita". Peccato sia una frasetta fatta, peraltro coniata dalle lobby forzanoviste, che parrebbe offendere l'intelligenza umana.

Il pastore vuol force farci credere che lui sarebbe convinto che qualcuno possa essere per la morte? Non sarà che gli altri siano semplicemente inclini a non giudicare, come peraltro suggeriva Gesù?
Eccezione fatta per quegli elettori dei partiti da lui sostenuti che esultano ogni volta che un italiano uccide uno straniero, nessuno è per la morte. E neppure lui parrebbe essere così "per la vita" quando si oppone al rispetto delle minoranze o si oppone ai corsi di educazione al rispetto, ossia a tutela della vita di chi potrebbe essere spinto al suicidio dal bullismo e dalla discriminazione.
E non pare "per la vita" chi invita pubblicamente i genitori omofobi a non accettare figli gay, esultando se il suo Trump manderà donne trans in carceri maschili in cui è molto probabile possano essere stuprate.
Chi è "per la vita" dovrebbe indignarsi per i bambini mutilati dalle bombe israeliane e dovrebbe scandalizzarsi davanti a chi ostacola i salvataggi in mare delle Ong. Ma se non si interessa a chi è già nato e si limita a lamentarsi che le donne non siano costrette ad obbedirgli, forse il vero tema non è quello dichiarato.
Perché chi è "per la vita" non può passare il suo tempo a ripetere che i gay non andrebbero bene, che le persone transessuali non meriterebbero di di esistere, che gli immigrati ci starebbero invadendo o che i mussulmani vogliano islamizzarci tutti. E, soprattutto, chi è "per la vita" ha rispetto delle vite altrui e non pensa di poter imporsi agli altri, senza neppure conoscere la loro situazione.