La Cassazione boccia il "modello Albania" della Meloni, che violerebbe sei articoli della Costituzione

La Cassazione sta smontando, pezzo dopo pezzo, il "modello Albania" di Giorgia Meloni. Trattenere una persona senza convalida significa violare i principi più elementari dello Stato di diritto e violare la nostra Costituzione.

La sentenza certifica che la propaganda di Meloni non è solamente disumana, ma anche illegale.
La prima sezione penale della Cassazione ha stabilito che, in caso di mancata convalida del trattenimento in un Centro di Permanenza per i Rimpatri (Cpr), il richiedente asilo deve essere immediatamente liberato e non può rimanere trattenuto fino a 48 ore come previsto dal decreto legge del 28 marzo scorso.
I giudici della Suprema Corte ritengono questa norma in contrasto con sei articoli della Costituzione e hanno quindi sollevato la questione di legittimità che sarà ora sottoposta alla Corte Costituzionale.
L’ordinanza si riferisce a un ricorso presentato dagli avvocati di un richiedente senegalese, trasferito a Gjader lo scorso 9 maggio. Il 14 giugno l’uomo ha presentato domanda di protezione internazionale, respinta il 30 giugno dalla Commissione asilo di Roma.
Lo stesso giorno, il questore di Roma ha richiesto la convalida del suo trattenimento nel centro albanese, ma la Corte d’Appello della Capitale il 4 luglio ha negato la convalida, conseguentemente trasferendo l’uomo a Bari. Il giorno seguente il questore di Bari ha disposto un nuovo trattenimento presso il Cpr locale per un periodo iniziale di 60 giorni, prorogabile, motivando la decisione con la “pericolosità sociale” del richiedente, condannato per tentato omicidio e traffico di droga. La Corte d’Appello di Bari ha accolto la richiesta. L’avvocato Salvatore Fachile ha quindi presentato ricorso in Cassazione, contestando la legittimità costituzionale di un articolo del decreto legislativo 142 del 2015, rinnovato dal decreto legge del 28 marzo, chiedendo la sospensione del procedimento e la liberazione immediata del suo assistito.
La Cassazione ha respinto il ricorso ma ha evidenziato che la questione di legittimità è “rilevante e non manifestamente infondata”. Il decreto legge 37, al centro della critica della Cassazione, prevede che la mancata convalida del trattenimento non escluda la possibilità di emettere un nuovo provvedimento di trattenimento, purché adottato entro 48 ore dalla comunicazione della mancata convalida. In tal caso, il richiedente può rimanere nel Cpr fino alla nuova decisione.
Tuttavia, secondo l’ordinanza, questa disposizione configura una violazione della libertà personale, poiché consente di mantenere una persona detenuta in un centro di rimpatrio anche dopo che il giudice abbia dichiarato illegittimo il trattenimento iniziale e non ne abbia convalidato la permanenza.
La Cassazione sottolinea inoltre che viene violato il principio di uguaglianza, poiché la limitazione della libertà personale è prevista solo per chi si trova nei Cpr e non per chi è libero altrove. Per queste ragioni, la Suprema Corte ha sollevato un “incidente di costituzionalità” e trasmetterà gli atti alla Corte Costituzionale, oltre che alla Presidenza del Consiglio e ai presidenti di Camera e Senato. I giudici concludono che un tema così delicato come la presunta illegittima restrizione della libertà personale deve essere esaminato con urgenza dalla Consulta, soprattutto quando la norma sembra contraddire i principi fondamentali della Costituzione.