Coghe e Mascheroni tornano ad irridere il rispetto delle donne

Jacopo Coghe parrebbe strenuamente impegnato a promuovere un linguaggio sessista, in cui l'uomo che va con tante donne è un dongiovanni e la donna che fa altrettanto è una tr***. Vede lo shewa e gli asterischi come se fossero kryptonite, quasi non riuscisse a comprendere perché mai qualcuno vorrebbe rivolgersi anche alle donne anziché prediligere il maschile come formula che dovrebbe esercitare il predominio sul femminile.
Un linguaggio sessista è molto utile a chi vuole più patriarcato, meno emancipazione e più sessismo. D'altronde si sa che la destra evangelica statunitense vuole donne tenute nell'ignoranza, che possano figliare più delle vacche e che non pensino di avere diritti. E forse, e proprio per compiacerli che la signora Giorgia Meloni non vuole essere chiamata presidentessa, ma pretende di essere definita "signor presidente" in modo che sia chiaro che l'uomo conta più della donna e il femminile va bene unicamente per definire le giovani prostitute con cui Trump tradiva la sua seconda moglie. Chi ha potere è uomo, non è donna anche se si sesso femminile.

Coghe condivide un articolo di Luigi Mascheroni apparso su Il Giornale, in cui un banale lapsus viene usato per deridere le donne vittima di patriarcato e per evocare quello spettro "woke" che la destra usa per spaventare gli sprovveduti. Con i loro soliti toni irrisivi verso ogni forma di rispetto, Mascheroni scrive:
Noi, che siamo patriarcali dentro, pensavamo di non dover mai rimpiangere gli asterischi, la Schwa, la direttora, la ingegnera, la medica, la assessora... Impossibile ci fosse qualcosa di peggio.
E poi, invece, l'altro giorno, abbiamo sentito il discorso alla Camera di una deputata dei Cinque stelle - il tema era la riforma dell'esame di maturità, che a questo punto si può abolire del tutto la quale, denunciando la deriva autoritaria della scuola, ci teneva a difendere «le studentesse e gli studentessi» che all'orale fanno scena muta. Ed era meglio l'avesse fatta anche lei, in Parlamento.
Ovviamente nessuno userebbe mai il termine "direttora", dato che il vocabolario prevede si possa usare la voce direttrice. Semmai è la presidentessa Melino che vuole essere chiamata "signior presidento" per motivi ideologici o la direttrice Venenzi che che si fa chiamare "direttore" come se fosse uomo.
Eppure Mascheroni insiste:
Ora. Non sappiamo se sia stato un lapsus in fabula o un lupus linguae; forse è stata solo l'ideologia woke che le si è rivoltata contro. Sappiamo però noi che abbiamo fatto le scuole medie e non possiamo dirci del tutto ignorantessi, che se student-essi è il plurale, student-egli è il singolare.
Ma davvero non provano vergogna a scrivere scempiaggini simi, irridendo un fenomeno come il sessismo? A questo ci siamo ridotti?