Due ragazzi uccisi da bullismo e pregiudizio


Due storie che parlano di due ragazzi diversi che vivono in città diverse e con età diverse, ma entrambe accomunate dall'omosessualità dei loro protagonisti e dallo stesso tragico epilogo.
A meno di un mese dall'inizio della scuola, si registrano i primi suicidi fra alcuni studenti gay statunitensi, assediati da bullismo e pregiudizi, testimonianza di una società immatura che chiede a ragazzi troppo giovani per farlo di lottare da soli contro sé stessi e gli altri per l'affermazione del loro diritto all'esistenza.

Tyler Clementi aveva 18 anni ed era una matricola presso la Rutgers University (New Jersey, Stati Uniti). Chissà cosa pensava in quel momento, mentre stava abbracciato al corpo nudo di un altro uomo. Chissà, forse faceva progetti e sognava il suo futuro... ma probabilmente in quel momento non immaginava che due suoi compagni gli stavano tendendo un tranello. Armati di videocamera avevano ripreso la scena di sesso fra i due ragazzi per poi pubblicare il filmato su Internet. Uno scherzo, ma non per Tyler. Per lui e per la sua sensibilità era stato un colpo troppo duro: una vergogna che non è riuscito a gestire, davanti ad una società che gli raccontava giorno dopo giorno che il suo essere gay non andava bene. Tyler si è così collegato a Facebook e ha postato il suo ultimo messaggio: «Vado giù dal ponte GW, mi dispiace». E così ha fatto. E' salito sul ponte di George Washington e si è lasciato cadere.
I due ragazzi che hanno organizzato lo scherzo, Dharun Ravi e Molly Wei, entrambi 18enni, sono sono stati arrestati con l'accusa di cyber-voyeurismo e violazione della privacy. Rischiano fino a cinque anni di carcere, anche se in una vicenda del genere viene difficile pensare che la società non sia altrettanto responsabile di quella vita spezzata.

Asher Brown aveva 13 anni. Viveva in Texas (Stati Uniti) e frequentava la Hamilton Middle School di Houston. I suoi compagni lo avevano preso di mira da tempo, lo prendevano in giro per il suo modo di comportarsi e di vestire. Lo schernivano per la sua omosessualità e simulavano su di lui finti atti sessuali.
Asher ha provato a chiedere aiuto. Raccontava in casa gli episodi di bullismo che subiva ed i suoi genitori sostengono di aver più volte chiamato la scuola, anche se quest'ultima nega di aver ricevuto alcuna segnalazione.
Fatto sta che quella mattina i suoi compagni lo spinsero già per le scale, il suo zaino venne lanciato via e i suoi libri presi a calci per tutte le gradinate. Troppo per un 13enne che non sapeva come affrontare la situazione e che non riceveva risposte al suo grido d'aiuto. L'indomani si è alzato e ha detto al patrigno di essere gay. «Va bene così» aveva risposto lui. Ma Asher non è andato a scuola quella mattina: ha impugnato una pistola e si è sparato un colpo. Non si sentiva accettato, veniva fatto sentire diverso e l'accettazione dei soli genitori non era più abbastanza.
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