Il Giornale attacca Vendola al Gay Pride, ma la sua tesi pare tratta dalle loro pagine


Il tutto ha avuto inizio quando Nichi Vendola ha espresso la sua opinione sul Ruby-gate: «È una strana storia in cui si mescolano fiction e reality. Resta però sullo sfondo un problema che riguarda, non la privacy del premier, ma i profili politici di questa vicenda. Qui si discute di luoghi importanti che vengono attraversati da persone discutibili che mettono a rischio la sicurezza dello Stato. Questo testimonia il disordine della vita del presidente del Consiglio. È una palude di ridicolo dal sapore grottesco».
Tanto è bastato perché Il Giornale, il quotidiano di proprietà del Presidente del Consiglio, si attivasse immediatamente per cercare contrastare le sue parole... non trovando nulla di meglio da fare se non di cercare di screditarlo sostenendo che un gay non può parlare di morale. E così sulla prima pagina di ieri è stata pubblicata una foto che ritrae Vendola al gay pride mentre un manifestante fa finta di leccargli l'orecchio. Il tutto, naturalmente, condito da un commento molto esplitio: «Eppure Nichi non lo ricordavamo con la tonaca. Lo ricordavamo piuttosto al Gay Pride, come testimonia questa foto, mentre un gentile fan in paglietta e sorrisino gli avvicina la soffice a gagliarda lingua all'orecchio. In pubblico, mica nella tavernetta di casa sua. Come diceva, governatore? Grottesco? Ridicolo? Chi è senza effusione scagli la prima indignazione. E chi ha orecchie per intendere, non le usi per farsi solleticare».

Mettere sullo stesso piano chi va al Gay Pride e chi è accusato di favoreggiamento della prostituzione femminile è un po' arduo, ma proviamo a carcere di capire cosa possa spingere il quotidiano di via Negri a sostenere con così tanta forza il fatto che quanto avvenuto nella villa di Berlusconi sia solo un fatto privato. Per farlo, quale modo migliore se non quello di leggere un loro articolo che parla di politica e di prostituzione? Ecco alcuni passaggi:

[...] Vi sono reati etici peggiori di quelli sanzionati dal codice penale. Se [un uomo delle istituzioni va a prostitute] non è per niente affar suo, ma di tutti. Un uomo pubblico che si rende ricattabile espone lo Stato a gravi rischi, al cui confronto l’estorsione diventa una bazzecola[...]
Ma poi [l'uomo delle istituzioni] non lo sa che la Convenzione sulla soppressione del traffico di persone, ratificata dall'assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1949, recita: «La prostituzione e il male che l'accompagna, cioè la tratta degli esseri umani, sono incompatibili con la dignità e il valore della persona e mettono in pericolo il benessere dell'individuo, della famiglia e della società»? Non lo sa che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea all’articolo 3 sancisce il divieto «di fare del corpo umano una fonte di lucro»? [...]
In ogni caso non si capisce perché [l'uomo delle istituzioni] debba godere d'un trattamento di favore rispetto agli altri cittadini, moralmente riprovevoli, che si mettono nelle sue stesse condizioni. [...] Sono i clienti ed i guardoni i primi responsabili dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù di migliaia di esseri umani. [...]
Ma resta intatto il nostro diritto di cittadini a poter disporre di responsabili della res publica che non siano nemmeno lontanamente sfiorati dal sospetto di una qualche contiguità col mondo della prostituzione. Perché andare a puttane non è affatto una cosa normale. Anzi, è la scorciatoia per mandare a puttane prima i governi e poi le nazioni.

Siete caduti dalla sedia? State pensando a un falso? No, tranquilli, l'articolo non parla di Berlusoni. Il pezzo, infatti, risale al 24 marzo 2007 quando al potere c'era il governo Prodi. Silvio Sircana, il portavoce dell'allora premier, venne fotografato a Roma mentre a bordo della sua autovettura scambiava due parole con una prostituta transessuale, per poi allontanarsi solo. Ai tempi il fatto venne ritenuto da Il Giornale più che sufficiente per chiederne le dimissioni.
A questo punto mi verrebbe da rigirargli la domanda: può un giornale che a distanza di pochi anni sostiene una tesi e il suo esatto contrario in sudditanza al potere mettersi a fare la morale a chi sceglie di partecipare al Gay Pride?

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