L'Impero Romano è caduto per colpa dei gay. Lo sostiene il vicepresidente del CNR


Roberto De Mattei, esimio storico nonché vicepresidente del CNR, è noto per alcune sue posizioni anti-scientifiche a favore di visioni ben più teologiche. Nel 2009 si batté per portare avanti la sua posizione antievoluzionista, nel 2011 si fece firmatario di una petizione a Papa Benedetto XVI per chiedergli di annullare l'incontro interconfessionale di ottobre ad Assisi (sostenendo che potrebbe creare confusione fra la «vera religione» e le altre) ed ancora, in occasione del terremoto in Giappone, fece scalpore la sua presa di posizione secondo la quale le catastrofi naturali «possono essere, e talora sono esigenza della giustizia di Dio».
Un gran bel curriculum per uno che dovrebbe essere un uomo di scienza, perdippiù posto ai vertici del Centro Nazionale Ricerche (con tanto di stipendio che si aggira intorno ai 100mila euro annui pagati dai cittadini). Ma le sue teorie non si fermano qui. Ai microfoni di Radio Maria (emittente che non è generalmente fra le più gettonate per i divulgatori scientifici), De Mattei ha spiegato il perché del crollo dell'Impero Romano (e pure di quello cartaginese).
Problemi amministrativi? Confini troppo estesi per essere difesi? No, nulla di tutto ciò. Secondo lui l'Impero Romano (ed anche quello cartaginese) è caduto per colpa dei gay.
A sostegno della tesi viene citato un brano di uno scrittore cristiano di scarsa fama, che in quegli anni sostenne «che venne fatta cenere del prestigio di Roma grazie alla macchia infamante di quella perversione contro natura». Data la presenza di un così alto numero di gay nella città eterna («L'effeminatezza di alcuni pochi contagiava la maggioranza», sostenne lo scrittore), i barbari (probabilmente eterosessuali) giunsero ai confini e conquistarono l'impero in virtù del loro essere «uno strumento del giudizio di Dio».
A non lasciare il carattere di opinione a quegli scritti del V secolo, ma ad accreditarli storicamente è il commento finale del vicedirettore: sulla base di un paragone fra quell'epoca e la società odierna, ha sostenuto come oggigiorno ci sia un reale rischio di una punizione divina dato che «i peggiori vizi vengono alimentati dai mass-media e addirittura iscritti nelle leggi come diritti umani».
Ogni commento sarebbe superfluo (sono affermazioni che si commentano da sole), ma di certo non è difficile capire le ragioni di molti suoi colleghi che chiedono gran voce le sue dimissioni dalla direzione del CNR.

Via Giornalettissimo
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