Il Policlinico di Milano non vuole il sangue dei gay (eccetto quelli casti)


Il Policlinico di Milano è stato investto da una serie di polemiche dopo aver imposto il divieto di donazione da parte di ragazzi gay. Dal canto suo la struttura ospedaliera continua a sostenere la decisione ed il direttore del Centro Trasfusionale e di Immunoematologia, Maurizio Marconi, ha spiegato la propria posizione: «L'esclusione di alcuni cittadini dalla donazione non dipende dall'orientamento sessuale. In Italia ci siamo adeguati a norme che in altri Paesi sono legge: non si tratta di una discriminazione, perchè donare il sangue non è un diritto ma un dovere civile, un'opportunità perseguibile in base a un'idoneità stabilita da criteri fondati sulle evidenze scientifiche. Un maschio eterosessuale che subisca una violenza da parte di un altro maschio verrebbe comunque escluso permanentemente dalla donazione, e viceversa un maschio omosessuale che non avesse mai avuto rapporti sessuali verrebbe ammesso alla donazione di sangue».
Insomma, dalle sue parole pare che il problema siano proprio i rapporti sessuali fra persone dello stesso sesso (con tanto di esclusione a vita dalla donazione in seguito anche ad un unico rapporto omosessuale, indipendentemente dalle modalità e dalle conseguenze), ma a questo punto non è chiaro il suo far riferimento a delle "evidenze scientifiche".
Il considerare i gay maggiormente a rischio di Aids è una teoria ormai sorpassata, introdotta nel 1991 quando la patologia era ancora poco conosciuta e si ignoravano le sue modalità di trasmissione. Con l'avanzare della ricerca, il 26 gennaio 2001 Umberto Veronesi (allora Ministro della Sanità) dichiarò che non esistono gruppi più colpiti di altri e che la possibilità di contagio sono da imputare esclusivamente ai comportamenti sessuali. Proprio per quel motivo definì con un decreto legge che i criteri di donazione dovessero essere legati alle abitudini sessuali dei donatori (come l'assenza di rapporti occasionali o l'uso del preservativo) e non al loro orientamento sessuale.
La difficoltà che si incontra nel coniugare la prima e la seconda parte del discorso di Maurizio Marconi (ossia il nesso tra le "evidenze scientifiche" e i rapporti omosessuali che -come spiegato- non possono essere considerati tali a priori) è il motivo che lascia presupporre che le polemiche difficilmente si placheranno, così come rimane poco chiaro anche il perché una struttura sanitaria possa operare con regole che paiono in contrasto con quanto stabilito dalle leggi nazionali.
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